Da anni si predica sulla centralità di Padova nei processi socio economici del Veneto. Anche illustri docenti dell’Università Patavina hanno dibattuto in merito, giungendo a concrete e autonome attuazioni nella poco nota e apprezzata scelta di Confindustria nell’associare gli imprenditori di Venezia, Treviso, Padova e Rovigo in un unico ambito ottimale denominato appunto Veneto Centro Est.
La nostalgia del passato non crea futuro, ma può limitare gli errori. Non è superficiale – dichiara Fabio Bui, già Presidente della Provincia di Padova – il richiamo alla lungimiranza di autorevoli sindaci ed esponenti politici regionali e nazionali che in passato riuscivano a tracciare e incidere, spesso in solitudine e incompresi, una chiara visione del territorio, che veniva coinvolto e talvolta trainato al bisogno, verso obiettivi più nobili del consenso personale o delle carriere dei collaboratori. Oggi v’è la indifferibile necessità di gettare i ponti dell’”Alta Politica” di ascolto, mediazione e decisione per uno sviluppo coordinato dei 102 comuni padovani.
L’immagine del “pensiero condiviso” che scorre lungo l’asse dell’autostrada A4, da Udine a Milano, rischia di rimanere una suggestione se l’esercizio della leadership si limita nel “tirare a campare”, piuttosto che a superare inefficienze e ritardi in un contesto socio economico di livello europeo. Nell’autostrada del “pensiero condiviso” rischiamo di rimanere con poco più di un autogrill per soste repentine.
Riflettiamo, sebbene con approssimazione, e tentiamo di “guardare oltre” e proporre temi – prosegue Fabio Bui – o resteremo in balìa della didattica riconducibile ad alcuni saggi anziani della prima repubblica, rottamati dalla inutile inconcludenza degli “statisti 2.0”.
COMUNI
Come può essere sostenibile un territorio Veneto, parcellizzato su oltre 563 municipalità, per lo più piccole, che da sole rischiano di moltiplicare problemi piuttosto che condividere opportunità? Il vecchio slogan “dall’IO al NOI” è rimasto tale, anche laddove nell’intercettare i fondi PNRR europei si richiedeva uno sforzo di comune riflessione con progetti di area e non di località. Se oggi il Paese e il nostro territorio non hanno ricevuto tutti i contributi a disposizione, la colpa è da addebitare anche a questa miopia politica.
PROVINCE
Il tragico errore di sopprimerle, in preda a bulimia demagogica, è colpevole di avere tagliato ciò che non rappresentava un significativo costo, bensì il vero Ente di coordinamento di politiche comunali in ambiti ottimali, difatti oggi il Parlamento sta correggendo la cantonata.
Nei prossimi mesi capiremo se sarà solo un “maquillage” del sistema di voto del Presidente del Consiglio o se ripristineranno tutte le funzioni di Ente territoriale di coordinamento delle municipalità che, nella Provincia, devono trovare opportunità per erogare i servizi che da sole non possono fare.
GIOVANI
Siamo veramente convinti che i giovani si possano coinvolgere – si chiede Bui – parlando esclusivamente dei “diritti di genere”, piuttosto che offrire, ad esempio, un percorso scolastico inclusivo che li formi guidandoli nel mondo del lavoro? Rivalutando e rifinanziando l’alternanza scuola lavoro e la formazione tramite gli ITS?
Veramente pensiamo scioccamente di coinvolgere i giovani quali comparse plaudenti i leader, piuttosto che farli partecipare alle scelte delle proprie municipalità? In tale senso mi ha favorevolmente colpito la scelta del giovane sindaco di Vicenza Giacomo Possamai e del sindaco di Verona di Damiano Tommasi, avendo essi attinto a piene mani al voto giovanile, parlando loro del futuro di Vicenza e Verona piuttosto che sostenere “i viaggi” di parlamentari e ministri spesso totalmente ignari dei problemi socio-politico-economici delle città al voto.
TERRITORIO
Quale è il modello di riferimento? “Forestazione” con capannoni, spesso sfitti e abbandonati, o riqualificazione dell’abbondante patrimonio edilizio industriale dei nostri comuni e delle frazioni?
Ha ancora senso pensare ad aree industriali comunali rispetto a quelle territoriali, servite da primarie arterie stradali, da servizi tecnologici e assistenziali per le maestranze che vi operano?
CASA
Analogo discorso per il patrimonio edilizio di città e periferie dove occorre scegliere tra riqualificazione e consumo del suolo. La riqualificazione non va accompagnata con interventi di natura assistenziale che lo Stato non può reggere, ma di contenimento dei prezzi combattendo speculazioni che non trovano giustificazione in nessuna nelle contingenze internazionali.
A chi giova non trovare soluzione per un reale accesso al credito delle famiglie, in particolare modo per le giovani coppie? Oggi i mutui sono una zavorra insostenibile che mina fortemente ogni prospettiva di vita.
SANITÀ
A quale modello pensiamo? A quello privato, dove solo chi può pagare si cura, o a quello universale pubblico dove le prestazioni sono un diritto e non un privilegio?
Cresce sempre più il numero delle persone che non hanno la possibilità di accedere alle cure.
Il tema delle liste d’attesa è la cartina di tornasole di una situazione che può trovare riscontro solo valorizzando le molte professionalità operanti nelle strutture pubbliche.
I professionisti, che oggi colpevolizziamo per le liste di attesa, sono gli stessi abbiamo acclamato come “angeli bianchi” ma che oggi abbandoniamo allo spontaneismo e non supportandoli con congrue paghe e nuove assunzioni per evitare anche la fuga verso il privato.
Il pregresso di liste d’attesa maturato non è risolvibile se non creando le condizioni affinché, ad esempio , nelle strutture pubbliche la diagnostica preventiva sia erogabile h24 e non in poche ore del giorno.
Occorre che il pubblico faccia meglio e di più del privato, altrimenti il paziente agiato ricorre a strutture dove la coda non è prevista e gli altri pazienti “…aspettano e sperano nella buona sorte”.
Molti altri sono i temi su cui occorre chiarire chi siamo, quali scelte vogliano intraprendere: dalla sicurezza cittadina alle politiche energetiche, dalle regole per una accoglienza sostenibile alle politiche ambientali, all’utilizzo dell’intelligenza artificiale e non solo.
Infine, un dato deve preoccuparci più degli esiti finali delle elezioni ovvero la sempre più scarsa affluenza al voto dei cittadini che non riescono più a cogliere concrete idee e volontà di rappresentare i loro reali bisogni. I cittadini percepiscono le elezioni quali momenti di ricerca di consenso individuale e, disillusi, – conclude Bui – rinunciano ad esercitare il proprio diritto-dovere al voto.