Un primo maggio dove nulla v’è da festeggiare se non l’immagine dell’Italia che allarga gli orizzonti oltre qualsiasi frontiera, montana o oceanica, nella previsione di nuovi scambi commerciali, opportunità turistico-culinarie e confronti culturali mediante i quali la nostra collettività e le nostre aziende, sempre più boccheggianti, potrebbero indossare un boccaglio e ancorare una boa alla quale aggrapparsi.
Un primo maggio contraddittorio nei modi, nel fare e politicamente abrasivo, sminuente eventi violenti e fame di futuro che potrebbe lasciare in eredità bocconi amari e indigesti.
Roma, concerto e festa dei lavoratori; Milano, spalancata alla globalizzazione di virtù e rappresentanti del mondo mentre per le vie della città violenze “annunciate” hanno consentito ai Black Block di devastare auto, negozi e banche; oltraggiato l’onore e il rispetto mostrando quel lato debole e incorretto dello Stato che giustifica la mancanza di iniziativa delle forze dell’ordine, non per colpa di esse, dichiarando che la città è stata salvata ed evitato feriti con sole azioni di contenimento.
Milano, non una scampagnata tra manifestanti di periferica bocciofila, non una parata di carri allegorici, tanto meno una sfilata di moda Pret a Porter: una consentita azione di massa, volta non a contrastare il potere da essa demonizzato, ma a danneggiare indirettamente famiglie, lavoratori, disoccupati e cittadini stremati economicamente e che dovranno indebitarsi, senza alcun prevedibile rimborso da parte dello Stato in ogni sua forma e rappresentanza, per riavviare la normalità stuprata da lobotiche azioni terroristiche.
Un assalto contro l’EXPO 2015 già inaugurato e offerto al tatto e gusto universale, una azione militare ben progettata e applicata con destrezza fino alla ritirata, cambiando “pelle” e confondendosi con i non violenti, abbandonando incuranti divise, mazze, martelli, bulloni, maschere anti-gas e armi contundenti di qualsivoglia natura: nessuno li ha disturbati o accerchiati poliziescamente, nessuno ha ordinato l’arresto dell’armata i cui militi stranieri hanno oltrepassato i confini senza approfonditi controlli.
Oggi i milanesi intraprendono azioni di “pulizia collettiva” riverniciando muri imbrattati da spray: molti domani si recheranno presso le banche per richiedere prestiti per una nuova auto o ristrutturazione di attività commerciali devastate da incursioni di stampo terroristico-vandalistico. Le vittime non sono appartenenti a caste politiche bensì lavoratori, commercianti e cittadini.
Un poliziotto colpito da una molotov, in fiamme e salvato dall’intervento di suoi colleghi, non appare un lavoratore eroe poiché l’indotto pensiero sembra manipolare verso un falso buonismo economicamente conveniente; una ragazza arrestata che auspica un sesso di gruppo in cella sembra una eroina: inversione neuronica o punti di vista ruotati in senso antiorario?
Internazionale la Fiera, internazionale l’appartenenza dei manifestanti violenti: due ore di DESTROY EXPO.
Fino al 31 ottobre all’EXPO 2015 di Milano è prevista una affluenza di circa 20 milioni di visitatori per i 54 padiglioni espositivi realizzati ciascuno dai singoli Paesi ospitati; il tema centrale è l’alimentazione e la sicurezza alimentare. Ferdinand Nagy, Presidente del Bureau International des Expositions (BIE), presente sul palco durante la cerimonia ufficiale di apertura, ha genuinamente dichiarato che “Sarà un evento memorabile per vincere le sfide legate alla nutrizione e alla fame nel mondo”.
Nonostante il parziale “marcio marciare” e l’errore web interno al portale http://www.padiglioneitaliaexpo2015.com/it/news_eventi_2/news/1-maggio-l-expo-si-apre che avvisa della presenza di un errore nella pagina, sono fiducioso per i mesi a venire, nella riscossa tutta italiana verso nuovi orizzonti.
Lo stesso giorno Roma celebrava la festa del lavoro sebbene prevalga la disoccupazione che meriterebbe una soluzione, sradicando la schiavitù e l’imbuto sgorgante nel rapporto interinale, senza un futuro lavorativo stabile e spettante di diritto; la luce in fondo al tunnel intravista anno per anno a priori dal potente politico di turno, è ancora oggi un bagliore invisibile per l’”orbo cittadino”.
Il palco romano di Piazza San Giovanni ospitava non solo un carosello di noti cantanti che esprimevano musicalmente le loro indiscussa capacità e audio-bellezza, ma anche sigle sindacali i cui esponenti vantano stipendi che potrebbero fare impallidire la platea della piazza: trasmessi dalla televisione i comizi di tre sindacalisti i cui stipendi mensili immagino, in assenza di dati certi, superino i 3 mila euro netti, lasciando poco spazio ai problemi della quotidiana disoccupazione.
La priorità non è l’appannata sbronza euforica del carosello musicale, ma l’assenza di stabilizzazione economico-lavorativa; il lavoro non cresce se vengono conteggiate assunzioni interinali per mansioni a medio-breve ciclo.
Il futuro della Famiglia, dei figli e degli anziani sono nelle mani dell’innominato che tale rimarrà a lungo.
Confido nella capacità dell’Italiano che, al giungere dell’acqua alla gola, è capace di imprevedibili strategie di sopravvivenza dando vita ad un ipotetico Made in Italy 3.0, per un nuovo sviluppo del dopoguerra economico in cui il boom sia l’uomo e non il potere, la famiglia e non la vetrina luccicante dietro la quale è accovacciata l’insicurezza per le generazioni a venire.
Domani sarà un altro lunedì, per molti senza lavoro, per altri una opportunità.