A 60 anni dal varo un esemplare di motoscafo Posillipo modello Bermuda, costruito in legno presso le grotte naturali dove aveva sede l’omonimo cantiere nel golfo di Napoli, è stato restaurato ed è tornato a navigare sul Lago Maggiore. GMV, ex Orio, è stato recuperato da un armatore milanese che dopo avere acquistato la barca appartenuta in passato alla sua famiglia l’ha fatta restaurare sull’isola di Lampedusa. Oggi il runabout, che fa base a Stresa presso lo storico Cantiere Vidoli, oltre a essere iscritto nel Registro Storico Nautico dell’ASDEC, l’Associazione Scafi d’Epoca e Classici, è pronto a catalizzare attorno a sé le attenzioni di altri potenziali armatori desiderosi di riportare alla ribalta un marchio entrato di diritto nella storia della nautica. Insieme ad altri modelli di motoscafi Posillipo, come il Positano e il Nettuno, questo Bermuda rappresenta un’eccellenza dell’antica cantieristica Made in Italy.
LA RINASCITA DI UNO STORICO POSILLIPO
Un atto d’amore, compiuto da un figlio nei confronti del padre. Non solo, in questo caso l’operazione di recupero di un motoscafo d’epoca era accompagnata anche da una valenza di carattere culturale, in quanto fortemente legata alle tradizioni della cantieristica nazionale. Alla vigilia dei 60 anni dal varo, avvenuto nel 1962, è tornato a solcare le acque del Lago Maggiore un runabout modello Bermuda varato dallo storico Cantiere Posillipo, ubicato dagli anni Quaranta presso le omonime grotte naturali del golfo di Napoli. Sono gli anni della Dolce Vita e questa barca lunga 6,39 metri, costruita in legno di mogano, rappresentava quanto di meglio potesse offrire la produzione navale di oltre mezzo secolo fa. A metà degli anni Novanta ‘Orio’, questo il suo nome, è di proprietà dell’ingegnere milanese Paolo Falciola che nel decennio successivo la cede a un altro milanese, l’Avvocato Giuseppe Vallino. Per quanto una parte della sua storia sia ancora da ricostruire è ben noto l’anno della rinascita. Nell’agosto del 2020 il professionista milanese Tullio Vallino ritrova e acquista sul Lago Maggiore ‘Orio’, appartenuto al padre scomparso due anni prima. Sostenuto nell’impresa dalla moglie Carla e dall’amico Nino la barca, marcita in più punti e in pessime condizioni, viene trasferita via camion sull’isola di Lampedusa e affidata alle cure di abili artigiani locali. Dopo qualche mese il Bermuda, che monta ancora il motore originale Chrysler da 195 cavalli, torna a navigare sul Lago Maggiore con base a Stresa presso il noto cantiere Vidoli, importante realtà della cantieristica lacustre fondata a fine Ottocento.
‘ORIO’ DIVENTA ‘GMV’ (… NELL’ATTESA DI UN RADUNO NAZIONALE)
A testimonianza della nuova vita del motoscafo (a dispetto delle superstizioni) a ‘Orio’ viene assegnato un nuovo nome: GMV, ovvero Giuseppe ‘Mimmo’ Vallino, non solo il nome del padre cui è stato dedicato il restauro, ma anche quello di Giulia Marina Vallino, la primogenita di papà Tullio incaricata del compito di conservare in futuro un bene divenuto prezioso per la propria famiglia. La speranza è quella un giorno di potere organizzare un raduno di queste ‘vecchie glorie’, che nulla hanno avuto da invidiare rispetto ai blasonati motoscafi Riva, ma che insieme a questi ultimi hanno certamente rappresentato un simbolo della nascita e della diffusione della nautica da diporto in Italia. A tale proposito è possibile scrivere all’armatore Tullio Vallino alla seguente mail tulliovallino@hotmail.com o visitare il sito www.posillipobermuda.it
IL RESTAURO SULL’ISOLA DI LAMPEDUSA
Numerose le attività di restauro compiute a Lampedusa da ‘mastro’ Salvatore, l’artigiano-pescatore che nel corso del 2020 è intervenuto sul Posillipo Bermuda insieme al lampedusano ‘doc’ Nino Mannino Selis, il quale ha anche documentato l’avvicendarsi delle fasi di recupero. Tra i lavori più importanti il rifacimento del dritto di prua (il cosiddetto ‘primo’ in dialetto marinaresco siciliano), di circa il 60% delle ordinate in mogano (soprattutto sul lato di dritta), di tutte le serrette e i “fazzoletti” di giunzione delle ordinate con i madieri, la realizzazione dei nuovi basamenti del motore in solide tavole di quercia, la sostituzione integrale delle tavole del fasciame esterno dello spessore di 1 centimetro e dello specchio di poppa, dello spessore di 2 centimetri. Si calcola che siano state inserite circa 4500 viti di zinco. Rifatto anche l’impianto elettrico e la coperta in teak, fornita dalla lombarda Nord Compensati. Per la verniciatura interna sono state posate tre mani di vernice bicomponente di colore bianco e altrettante di colore grigio, precedute dalla stesura di resina epossidica C-SYSTEMS 10 10 marca Cecchi. Esternamente Nino Mannino ha invece posato 8 mani di vernice trasparente Spinnaker della Cecchi, intervallata ogni 24 ore dalla carteggiatura e asciugatura e preceduta da 6 mani di 10/10 Systems. Il motore entrobordo è ancora quello dell’epoca, un Chrysler 318-C a benzina da 195 cavalli con trasmissione in linea d’asse la cui revisione è stata effettuata presso il Cantiere Costantini di Reno, sul Lago Maggiore, già intervenuto in passato sul propulsore quando si chiamava Orio.
L’ISCRIZIONE AL REGISTRO STORICO
Molta parte dell’attrezzatura di GMV risulta essere ancora quella originale dell’epoca, dalle bitte ai passacavi, la tromba, il musone di prua, il parabrezza, i golfari, la luce del coronamento di poppa, i fanali di via prodieri, la strumentazione del cruscotto, la scaletta da bagno e anche l’asta della bandiera, solido punto di appoggio e di traino impiegata, oggi come un tempo, per lo sci nautico. Oggi GMV è iscritta nel Registro Storico Nautico dell’ASDEC, l’Associazione Scafi d’Epoca e Classici fondata a Milano nel 1987. A prua sventola il guidone del sodalizio, anche a ricordo del raduno motonautico organizzato da ASDEC a Venezia nel 2006 al quale ‘Orio’ partecipò.
GLI ‘ALTRI’ POSILLIPO
La storia dei Cantieri Posillipo ebbe inizio nei primi anni Quaranta presso le grotte sotto la collina di Posillipo, nel golfo di Napoli. L’attività principale consisteva nel restauro di pescherecci e costruzione di scafi veloci per i contrabbandieri di sigarette. Dopo circa due decenni, per esigenze di spazio, avvenne il trasferimento a Sabaudia, cui seguirono difficoltà economiche, ristrutturazioni, acquisizioni come quelle da parte di Nouri Group e Rizzardi e anche fallimenti. Numerosi i modelli usciti dal cantiere. I motoscafi comprendevano una ‘classe monomotori’ con i modelli Positano e Positano Super di 5,20 metri, il suddetto Bermuda di 6,39 metri e il Bermuda Super di 6,62 metri. Della ‘classe bimotori’ facevano parte il Bermuda Twin e il Bermuda Twin Super di 7,52 metri, il Nettuno e il Nettuno Super di 8,70 metri, mentre la ‘classe motorcruiser bimotori’ era composta dal Caravelle di 8,70 metri e il Vulcano lungo 10,10 metri. Tra gli altri modelli del cantiere il Capri Super, Albatross e i motoryacht Costasmeralda, Jamaica, Tobago, Martinica. Se tante barche sono andate disperse, molte altre sono ancora disponibili sul mercato dell’usato a prezzi accessibili, spesso inferiori a 50.000 euro.