Ad aprile 2018 Tornabuoni Art inaugura il suo progetto di fellowship curatoriale. Ogni anno un curatore diverso avrà accesso alla collezione d’arte della galleria per trovare nuovi percorsi interpretativi tra le numerose opere della collezione. Ad inaugurare tale collaborazione tra la galleria e alcuni dei nomi più interessanti del panorama curatoriale internazionale è la Dottoressa Flavia Frigeri, Teaching Fellow alla University College London (UCL) e co-curatrice della mostra The world goes pop tenutasi alla Tate Modern nel 2015.
Prendendo come punto di partenza il film Il boom di Vittorio De Sica (1963), il progetto curatoriale di Flavia Frigeri indaga la complessa relazione tra l’arte italiana del secondo dopoguerra e il miracolo economico degli anni Sessanta. Attraverso un percorso che si snoda tra i lavori di Carla Accardi, Franco Angeli, Marina Apollonio, Alighiero Boetti, Alberto Burri, Mario Ceroli, Gianni Colombo, Dadamaino, Tano Festa, Lucio Fontana, Piero Gilardi, Francesco Lo Savio, Sergio Lombardo, Pino Pascali, Michelangelo Pistoletto, Mimmo Rotella e Mario Schifano, la mostra esplora la risposta del mondo dell’arte al boom economico e gli effetti di quest’ultimo sulle modalità di espressione e rappresentazione artistica. Il legame tra arte e industria è ulteriormente messo in luce dall’esposizione di oggetti iconici di design italiano come la macchina da scrivere Valentine disegnata da Ettore Sottssas per la Olivetti.
Ne Il boom De Sica mette in luce con tagliente ironia la sete per il possesso materiale come tratto distintivo del miracolo economico. Emblema degli eccessi caratterizzanti gli anni del Boom è il protagonista del film Giovanni Alberti, interpretato da Alberto Sordi, che dopo aver vissuto per anni al di sopra delle proprie possibilità economiche tra auto sportive e vacanze di lusso, arriva a prendere in considerazione l’idea di vendere un occhio ad un facoltoso costruttore edile che perse uno dei suoi a causa di un incidente. L’assurdità della vicenda, oltre a rappresentare efficacemente le contraddizioni di quegli anni, mette in luce come visione e consumo siano profondamente connessi.
Tra il 1958 e il 1963 l’Italia assistette ad un periodo di accelerato sviluppo industriale dovuto al favorevole clima economico che fece seguito alla fine della Seconda Guerra Mondiale e che culminò con la creazione del Mercato Comune Europeo nel 1957. I tassi di crescita raggiunsero livelli mai visti e il significativo aumento del reddito pro capite trasformò radicalmente l’assetto sociale e culturale del paese. In tale scenario il panorama artistico non rimase a guardare all’ondata di produzione industriale e il consumismo incalzante, ma rispose in modi diversi, in alcuni casi collaborando attivamente con le industrie stesse, come Pino Pascali che lavorò come graphic designer per la produzione di spot pubblicitari e sigle televisive.
Nodo centrale della mostra è quindi una serie di bozzetti che Pascali fece per alcuni spot televisivi ed altri lavori dell’artista che affrontano con ironia i paradossi del boom economico; un esempio di questi è Bachi da setola del 1968, creata attraverso l’uso di scovoli di acrilico acquistati in un grande magazzino che riproducono la forma di quattro bachi da seta per denunciare candidamente come l’acrilico avesse sostituito un materiale prezioso come la seta. La mostra prosegue con opere di artisti come Piero Gilardi e Lucio Fontana, accomunati dall’aver adottato entrambi poetiche artistiche in costante dialogo con l’industria, il primo riproducendo un ambiente nat- urale attraverso l’uso del poliuretano (Campo di papaveri, 1966), il secondo sperimentato le connessioni tra arte e design come esemplificato dall’opera Anta d’armadio del 1952-53.
Milano fu il centro nevralgico della sopraffazione dell’arte da parte del design ed in tutta Italia gli artisti risposero con forza e consapevolezza a tale dinamica attraverso la manipolazione e il riutilizzo dei materiali industriali nelle loro opere. A Roma artisti come Carla Accardi e Alberto Burri cominciarono ad usare la plastica come principale materiale artistico, integrandolo in composizioni dall’aspetto pittorico e introducendo così il ma- teriale protagonista degli anni Sessanta al mon- do dell’arte. A partire dal 1960 infatti la plastica rivoluzionò il settore dell’arredamento. Marchi come Kartell, specializzato in oggetti e mobili di plastica, e designer come Marco Zanuso e Richard Sapper esplorarono il potenziale della plastica declinando tale materiale in modi differenti, dai mobili per bambini, alla televisione Doney 14, prodotto da Brionvega nel 1962 ed esposto da Tornabuoni all’interno della mostra.
Mentre a Milano e Torino gli artisti sperimentavano nuovi materiali e il tema della produzione di massa, a Roma la risposta artistica al miracolo economico si focalizzò soprattutto sul tipo di im- magine culturale che da esso stava emergendo.