La Corte di Cassazione ha chiarito, con la sentenza n. 850/2017 del 16 gennaio 2017, i dipendenti hanno diritto ad essere retribuiti per il tempo di spostamento dal “posto di cambio” (luogo in cui cessa i turno) alla sede di lavoro; in altre parole il luogo di “termine attività” può essere differente rispetto a quello in cui è iniziata la prestazione (ad esempio, il caso dei lavoratori con mansioni di autista).
Il tempo impiegato, nel caso in cui il luogo di inizio lavoro dia differente da quello in cui termina (esclusivamente per necessità logistiche e non di autonoma scelta del dipendente) deve essere computato in busta paga e considerato lavorativo a tutti gli effetti. Tutto ciò ha validità indipendentemente dal mezzo fisico con il quale il lavoratore si reca al lavoro, a patto che siano non coincidenti il luogo di inizio e fine prestazione lavorativa.
La sentenza n. 850/2017, infatti, esplica quanto segue:
“[…] il computo del tempo di viaggio presuppone che non vi sia coincidenza del luogo di inizio con quello di cessazione del lavoro giornaliero e che tale circostanza sia determinata, non da una scelta del lavoratore ma, in via esclusiva, da una necessità logistica aziendale (restando irrilevante la scelta del mezzo usato per lo spostamento); posto che il fondamento della norma è insito nell’esigenza di compensare il tempo necessario per il menzionato spostamento, indotto dall’organizzazione del lavoro riconducibile all’azienda, il diritto all’attribuzione patrimoniale dipende dal fatto oggettivo della separazione del luogo di inizio e termine della giornata lavorativa, predeterminata dalla programmazione del lavoro aziendale, con l’inizio del lavoro in un determinato luogo e la conclusione in un altro luogo e la connessione causale di questa separazione con le necessità aziendali non esige dimostrazione alcuna; né la contingente scelta del lavoratore di utilizzare o meno la propria vettura per recarsi al lavoro (e quindi di recuperarla al termine della giornata) incide sul fatto oggettivo della separazione dei luoghi da cui dipende il riconoscimento del diritto”.
Fonte: Corte di Cassazione, sentenza n. 850/2017 del 16 gennaio 2017