“Non possiamo che esprimere il nostro cordoglio per una situazione che forse si poteva evitare, ma ribadiamo la nostra assoluta estraneità alla vicenda, anche perché la cooperativa che gestisce il servizio è stata espulsa in tempi non sospetti” dichiara Roberto Baldo, Presidente di Federsolidarietà Veneto, la Federazione di Confcooperative che riunisce più di 480 cooperative sociali del territorio.
Ecofficina era una cooperativa iscritta a Confcooperative Federsolidarietà del Veneto, ma è stata sospesa a metà luglio 2016 per iniziativa dell’Associazione e con atto ufficiale del Consiglio di Presidenza nazionale. Una presa di posizione che Confcooperative ha voluto per difendere il nome e l’operato della stessa associazione nei confronti dei vertici di Ecofficina, cooperativa che a Venezia e Padova gestisce grandi aggregati di profughi in strutture come quella di Cona. Per questo, oltre a sospendere Ecofficina, Confcooperative Veneto ha deciso di non ricevere più quote associative dalla stessa, di non farla partecipare alla vita associativa. Un atto doloroso ma dovuto.
“Non c’è una legge che impedisce di accogliere e gestire 1500 profughi in una stessa struttura, in una frazione di meno di 200 abitanti – spiega Ugo Campagnaro, Presidente di Confcooperative Veneto – ma è evidentemente un sistema che non risponde a logiche di buona accoglienza e non dà sicurezza ai timori dei territori che ospitano queste persone. Per questo non condividiamo questo modello, che tende da un lato a risolvere in poche ore un problema oggettivo di grandi numeri, e dall’altro guarda al business e non alla qualità dell’intervento, dell’integrazione, della relazione. Per quello che può fare l’Associazione, continueremo a sorvegliare sul buon operato delle imprese cooperative aderenti come abbiamo fatto con Ecofficine”.
Confcooperative propone da anni un modello di accoglienza alternativo a quello dei grandi numero: una micro accoglienza diffusa nel territorio, per favorire il controllo e l’integrazione dei profughi, evitando gli agglomerati di persone che creano solo tensioni e che impediscono di fare tutte quelle azioni di supporto (come identificare le identità, insegnare l’italiano e l’educazione civica, favorire l’igiene personale) che renderebbero possibili modalità diverse di convivenza.
A maggio scorso è stata firmata a Roma la “Carta per la buona accoglienza”, un documento sottoscritto da Ministero dell’Interno, Anci e Alleanza delle cooperative sociali. Obiettivo primario verso cui si impegnano i firmatari della Carta è di passare gradualmente dall’accoglienza in centri collettivi a percorsi di accoglienza in abitazione, con standard di qualità che garantiscano servizi adeguati: dalle caratteristiche delle stesse abitazioni alla presenza di personale socio educativo qualificato in ogni fase dell’accoglienza. L’adeguamento alle politiche dello SPRAR deve concretizzarsi anche attraverso la realizzazione di percorsi di mediazione culturale, corsi di italiano, tutela legale, garanzia di pasti, vestiario, igiene personale, formazione professionale e azioni costanti di coinvolgimento dei territori che accolgono i migranti, con un lavoro congiunto di Comuni e Prefetture.
Conclude Roberto Baldo Presidente Veneto di Federsolidarietà. “Siamo contrari al modello Cara di Mineo. Il problema è che parlare di emergenza è un errore. Non possiamo pensare che l’emergenza duri per anni. Di certo, sappiamo che oggi l’Italia è lasciata sola dall’Europa in questo problema, e ci auguriamo invece che si elaborino preso soluzioni condivise a livello sovranazionale”.