L’Europa è oggi l’epicentro di una profonda crisi politico-democratica ed economica, gli Stati membri appaiono come schegge devote all’Unione ma tutelanti, appena possibile, gli interessi nazionali. Antonio Gramsci intuì e teorizzò uno sviluppo dell’Europa per necessità di cosmopolitismo, in conflitto con il “vissuto” statale inteso come sufficiente auto-sufficienza: “Una delle contraddizioni fondamentali è questa: che mentre la vita economica ha come premessa necessaria l’internazionalismo o meglio il cosmopolitismo, la vita statale si è sempre più sviluppata nel senso del ‘nazionalismo’ del ‘bastare a sé stessi’” (tratto dal Quaderno 17, Antonio Gramsci – 1933).
Ieri sera 02 aprile alle ore 21:00 a Padova, presso la Fornace Carotta, Padova ha ospitato un convegno organizzato dall’associazione “Enrico Berlinguer” ed ispirato alle teorie filosofico-politiche della sinistra italiana: “Antonio Gramsci in Europa e nel mondo”: ospiti illustri hanno espresso interpretazioni e illustrato quel lontano pensiero che è stato ritenuto così moderno dagli ospiti: dopo i saluti di Massimo Bettin (Segretario provinciale PD), sono intervenuti Paolo Giaretta (già Senatore PD), Piero Ruzzante (Consigliere regionale PD), Flavio Zanonato (Europarlamentare PD) ed infine Pierluigi Bersani (Deputato PD) che ha concluso la serata con una ampia riflessione e confronto tra la visione d’Europa di Gramsci e attuali eventi economico-politici.
Abbiamo intervistato Paolo Giaretta prima del convegno:
Antonio Gramsci, eletto Deputato nel 1924, venne “politicamente” arrestato l’8 febbraio 1926 ed iniziarono i trasferimenti da un carcere all’altro fino a quello di Turi (BA): ottenne la libertà condizionata nell’ottobre del 1934; durante la prigionia scrisse i “Quaderni dal carcere” in cui teorizzava che “…esiste oggi una coscienza culturale europea ed esiste una serie di manifestazioni di intellettuali e uomini politici che sostengono la necessità di una unione europea: si può anche dire che il processo storico tende a questa unione e che esistono molte forze materiali che solo in questa unione potranno svilupparsi: se fra X anni questa unione sarà realizzata la parola ‘nazionalismo’ avrà lo stesso valore archeologico che l’attuale ‘municipalismo’.” (cit., p.748).
Secondo Lei, Paolo Giaretta, come valuterebbe Gramsci l’Europa di oggi e la necessità di una unità europea? E’ riuscito il previsto intento Gramsciano di archeologicizzare non più il “municipalismo”, bensì il “nazionalismo” inteso come grande unione dei popoli?
“Ciò che certamente colpisce nella lettura dei Quaderni del Carcere è la profondità e la lungimiranza di un pensiero che si sviluppava in un contesto in cui non era solo limitata la libertà personale, ma anche l’accesso alla pubblicistica dell’epoca, la possibilità di dialogo e discussione. Gramsci, negli anni prima della incarcerazione, aveva già sviluppato esperienze politiche di primo livello in Italia (è stato Deputato, eletto nel collegio del Veneto) e nel movimento internazionalista; con la rivista “L’Ordine nuovo” aveva avviato l’elaborazione di un pensiero innovativo: tuttavia è nella precarietà della detenzione carceraria che organizza un pensiero che avrebbe poi largamente influenzato l’analisi e l’azione del mondo comunista italiano. E’ di largo interesse questa riflessione gramsciana sulla “necessità” di una Unione Europea, in anni in cui i nazionalismi esasperati stavano preparando gli orrori della seconda guerra mondiale e dell’Olocausto; inoltre l’esperienza internazionalista, guidata dal comunismo sovietico, deviava dal corso ideale e si apprestava ad essere subordinata agli interessi dell’espansionismo sovietico, fino alla snaturata alleanza con il nazismo per la spartizione della Polonia.
E’ sempre avventuroso utilizzare il pensiero di un intellettuale e dirigente politico in un contesto così diverso, ma certamente Gramsci vedrebbe con grande preoccupazione il risorgere di chiusure nazionalistiche. Penso che sbagliasse a considerare un fatto archeologico il municipalismo. Tutto ciò in forte divergenza con un altro robusto pensatore come don Luigi Sturzo che, negli stessi anni, fondava sul municipalismo la riforma dello Stato ed il rimedio alle derive dello Stato totalitario. Comunque immagino che Gramsci, in coerenza con il suo pensiero, riterrebbe necessario proseguire in un processo di unificazione europea, andando oltre l’Europa delle istituzioni e lavorando per far emergere quel blocco sociale in grado di sostenere il salto di qualità dall’Europa delle nazioni alla vera Europa dei popoli.”
Sig. Giaretta, oggi l’Europa è definita da molti il territorio dei forti poteri economici e bancari che possono manovrare anche interessi o decisioni di paesi aderenti, influenzandone la “sovranità”: Antonio Gramsci intravedeva il problema di come la classe proletaria, intesa come subalterna, potesse essere coinvolta nel processo politico e divenire classe egemone ovvero unificare un “blocco sociale” quale alleanza di un insieme di classi sociali diverse e non omogenee per impedire che contrasti di interesse possano provocare crisi di ideologia dominante o di solidità del sistema di potere. Come vede Lei, Giaretta, il presente ed il futuro dell’Unione Europea, alla luce dei fatti economici, politici e di emergenza immigrazione in riferimento anche alle teorie di Antonio Gramsci?
“Penso che sia una percezione sbagliata quella di ritenere che vi sia una Europa dei poteri forti che rende subordinati gli stati nazionali. Non c’è un esproprio dei poteri, ma un conferimento di poteri che vengono gestiti insieme. I singoli Stati non devolvono i propri poteri ad altre identità, ma partecipano ad una gestione comune. L’Europa siamo noi, se siamo capaci di farla funzionare. Non è troppa Europa che rende gli Stati deboli di fronte alla globalizzazione finanziaria: è l’Europa debole che si è fermata alla moneta unica, senza fare un ulteriore salto in avanti, non in grado di dare maggiore ordine ai processi economici. Stanno nascendo nuovi nazionalismi, quale conseguenza alla crisi globale, all’aumento delle diseguaglianze, alla rarefazione di un lavoro accettabile, ad un sentimento generale di insicurezza, legato anche alle epocali migrazioni di questa epoca. Ce ne rendiamo conto poco, ma cambia profondamente anche la geopolitica: nuovi attori sono entrati nella competizione globale acquisendo una quota crescente di risorse, prima godute dall’area euro-atlantica.
Penso che Gramsci sarebbe preoccupato di questo processo perché comprenderebbe appieno che, adoperandosi per rendere più trasparente e consapevole il rischio, chiusure nazionalistiche aumenterebbero i problemi, rendendo l’Europa meno competitiva e più fragile. L’Europa, con tutti i suoi difetti dovuti a mancanza di coraggio e di visione delle leadership europee, è l’unico esempio di globalizzazione guidata da processi democratici che dovranno essere migliorati, ma non annullati.”
Antonio Gramsci illustrò con estrema semplicità quanto la storia non fosse d’esempio al fine di non commettere errori ciclici: “… la storia insegna, ma non ha scolari”: eppure, ancora oggi, è necessario discutere d’Europa, di unità sovranazionale e impotenza dovuta a diseguaglianze economico-sociali che guidano verso quella teorizzata necessità di “blocco sociale” e “egemonia” secondo la quale il potere si basa sulla contemporanea presenza di forza e di consenso: prevalendo la forza, si ha dominio; prevalendo il consenso, si ha l’egemonia.
L’On. Flavio Zanonato ha confrontato la politica attuale di Governo affermando che l’attuale premier Matteo Renzi sembra, al contrario del limpido pensiero “Gramsciano”, essere un leader del “giorno dopo giorno” di un partito, il PD, che appare “…dissipato […] non c’è una alternativa e non bisogna disturbare il manovratore […] siamo convinti che c’è da interloquire e svolgere un ruolo…”. Zanonato prosegue affermando che “…mi è capitato spesso di dovermi confrontare e rendermi conto che il pensiero di Gramsci non è conosciuto, pur essendo un riferimento…”. Falvio Zanonato prosegue e afferma che “L’idea di Togliatti era che, attraverso Gramsci, si poteva fare un salto culturale all’interno della società italiana e conquistare, per la sinistra ed il Partico Comunista, una parte dell’intellettualità […] C’è una vera e propria operazione Gramsci: Togliatti recupera i ‘quaderni’ scritti in carcere fino al 1935 […] e li fa pubblicare alle Edizioni Einaudi: non volevano che venissero pubblicati dalla casa editrice di partito che allora si chiamava ‘Rinascita’, per farli conoscere ad un’area più vasta possibile..”. Zanonato fa riferimento al modello “principe” machiavelliano, ovvero in base al quale “…le masse riescono ad organizzarsi, ed hanno un progetto…” sul quale esse riescono ad organizzarsi per costruire un blocco storico e con esso [….] cambiare i parametri e la conoscenza del mondo che domina la nuova società…”.
Il consigliere regionale Piero Ruzzante riconosce, a suo dire, l’attualità del pensiero di Antonio Gramsci, ricordando che manifestò alla compagna Tatiana il desiderio di “…lasciare pensieri che restassero per sempre, che andassero oltre la sua condizione di carcerato…”.
“Se osservo l’attualità – prosegue Ruzzante – vedo partiti senza popolo e ciò mi preoccupa molto […] Dobbiamo recuperare un rapporto con la cultura popolare, quella che Gramsci definisce ‘la cultura della classi subalterne’ […] Noi ce ne siamo allontanati, non sappiamo più cosa pensi il popolo e quali siano le sue esigenze […] Credo che in Gramsci ci sia un aspetto educativo e formativo delle masse: dobbiamo innanzitutto tornare a comprendere i concetti fondamentali, per poi tornare a parlare con il popolo stesso; il tema delle diseguaglianze, inoltre, è un tema che la sinistra dovrebbe riprendere… […] Se la sinistra non torna ad occuparsi delle esigenze reali delle persone, essendo nata per ridurre le diseguaglianze, non è più sinistra… Questo credo sia il senso più profondo della lezione di Gramsci… […] C’è il rischio di impoverimento da parte nostra, con perdita della missione se la sinistra non sarà in grado di fare il suo mestiere ed allora sarà il populismo a farlo […] e – conclude Piero Ruzzante, citando Antonio Gramsci con una riflessione del 1917 – ‘noi ci distinguiamo dagli altri uomini perché concepiamo la vita come sempre rivoluzionaria […] non saremo mai conservatori, neanche in regime di socialismo…”.
L’On. Pierluigi Bersani, intervenuto dopo Ruzzante, ha invitato chiunque, compreso il premier Matteo Renzi, a rileggere l’articolo 54 della Costituzione: “…i cittadini a cui sono affidate funzioni pubbliche, hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore”: applausi, non programmati. Bersani prosegue il suo ragionamento, dispiaciuto del fatto che nelle scuole non si studi Gramsci “…credo di capire perché: viene negata una parte politica […] e la storia del Pci […] ad un certo punto bisognerà illuminare il pensiero di Gramsci, ben al di là delle vicende del nostro partito, della sinistra in Italia […] All’estero lo studiano e sono più consapevoli del ruolo che ha avuto nel pensiero occidentale […] Gramsci, nonostante le sofferenze fisiche dovute alla sua malattia, aveva un carattere volitivo ed energico come pochi (‘Odio gli indifferenti’)”.
Bersani ha accennato una riflessione sul concetto di arretratezza della società: “…ricette uguali per tutte le occasioni non ci saranno: ci sono società arretrate e avanzate. Consideriamo la situazione in Italia: Gramsci individuò come arretratezza la stessa questione tra nord e sud […] La differenza con il resto d’Europa è che l’Italia non ha vissuto il conflitto tra i fisiocratici, cioè gli agrari che sono per la libera circolazione delle merci e il protezionismo industriale; secondo Gramsci in Italia c’è stato un compromesso tra la borghesia del nord che è considerata la metropoli del colonialismo ed il latifondo e gli agrari del sud , mettendo a rischio l’unità del Paese, rischiando di creare un meccanismo metropoli-colonia; solo la classe operaia, in alleanza con i contadini del sud, poteva imbracciare il tema dell’unità del Paese.”
Bersani, infine ha approfittato per precisare il concetto di “egemonia”, alternativo a quello di “dittatura de proletariato”: “…più si è egemoni, meno c’è necessità di coercizione e di comandi…”.
“Ogni movimento rivoluzionario è romantico per definizione.”
(Antonio Gramsci)