Eccentrico e visionario, trasformista e innovatore, anticonformista e libero: sei aggettivi-satellite, orbitanti attorno a David Robert Jones, nato a Brixton l’8 gennaio 1947, cosmicamente noto come David Bowie.
Scrivere di Lui, a sole 48 ore dalla sua morte, non è cosa semplice.
Lungi dalla fredda e semplice narrazione biografica, sarà quì l’animo a dettare al polpastrello il sentimento e la testimonianza di cotanta statura musicale: mi accingerò a narrarvi elementi essenziali con tutta me stessa, sintetizzando quale persona che tutt’oggi conserva gelosamente originali CD che digitalmente lo rendono immortale.
A pochi giorni dal suo 69esimo compleanno e dall’uscita del suo ultimo album Blackstar, nel profilo ufficiale Facebook e Twitter di David Bowie, si legge: “Dopo 18 mesi di lotta contro il cancro se ne è andato serenamente, circondato dalla sua famiglia”.
Non se l’aspettava nessuno, almeno credo.
La notizia giunge come un fulmine a ciel sereno, quasi emulando la cover dell’album “Aladdin Sane” (1973) in cui Bowie, con taglio e pettinatura eccentrici, appare truccato con un dirompente fulmine rosso e blu sul volto, espressione di Ziggy Sturdust, alter ego scenico nato un anno prima, e raccontato nell’album “The Rise and Fall of Ziggy Stardust and The Spider From Mars”. L’alieno Ziggy, sceso sulla terra e riconoscibile da tratti androgini e bisessuali, ingloba l’ossessiva passione per fantascienza ed il giapponese teatro kabuki, elevandosi ad icona di libertà sessuale.
Eppure l’extraterrestre Ziggy è solo una prima sfaccettatura del suo Ego.
Con la stessa libertà, Bowie ha costantemente reinventato sé stesso, il suo stile e la sua immagine, dando vita, in 50 anni di internazionale e rivoluzionaria presenza nella scena musicale, a diverse reincarnazioni di se stesso: Halloween Jack, Nathan Adler e The Thin White Duke (Il Duca Bianco, in Italia).
Musicalmente ha attraversato periodi dissimili, lasciando importanti tracce nel folk acustico, elettronica, glam rock, punk, soul e krautrock: innumerevoli sono gli imprintings solcati, influenzando le tendenze artistiche di molti artisti.
Bowie ha collaborato con i big dello spettacolo: alcuni per tutti, Mick Jagger, Freddie Mercury, Tina Turner e Iggy Pop.
Ma David non si è limitato alla sola espressione dell’arte musicale. No. David non è stato solo cantautore, polistrumentista e compositore.
La pressante e focosa necessità d’estrinsecazione lo hanno indotto ad esplorare e riprodursi artificialmente in settori d’altra sensibilità artistica: cinema, pittura e letteratura. Mantenendo sempre la stessa condizione di libertà. Eternamente con spirito di “avanguardia”. Costantemente propulsore di originalità e anticonformismo.
Attore nel 1976, è coinvolto come protagonista del film fantascientifico “L’uomo che cadde sulla Terra” di Nicolas Roeg. Tra le sue interpretazioni più note: Furyo in “Merry Christmas Mr. Lawrence” di Nagisa Oshima (1983), “Absolute Beginners” e “Labyrinth’” (1986), fino ad osare con “Basquiat” di Julian Schnabel (1996) e l’inimitabile interpretazione nel ruolo di Andy Warhol.
Bowie ha dedicato l’esistenza alla pittura ed alla letteratura, rivelandosi profondo interprete e conoscitore.
Oggi? Il dono inconscio di poterlo ricordare, la musicale eredità d’ascoltarlo. Ancora. Di nuovo. Sempre. Come nulla fosse accaduto, in fondo. Se è vero che l’arte rende eterna la nostra presenza terrena, Bowie continuerà ad essere l’eroe di sempre, non solo per un giorno.
David Bowie è reso immortale da se stesso: “La verità è che non esiste nessun viaggio. Arriviamo e ce ne andiamo nello stesso istante”.
Collaborazione di Elena Boniolo (Padova)