Mattia Rigon è nato a Camposampiero lunedì 29 gennaio 2007 e vive con mamma Anna e papà Stefano a Campodarsego: un bambino nato come molti altri, solo un poco sotto peso.
Il giovedì i genitori lo hanno portato a casa, hanno festeggiato come qualsiasi altro genitore avrebbe fatto, considerando l’esperienza e l’emozione per il primo figlio.
Il martedì pomeriggio successivo, la mamma Anna gli ha salvato la vita per prima volta. Anna era infermiera, lavorava in ospedale: la sua esperienza più volte è stata determinante. Quel pomeriggio di martedì Anna chiamò il marito Stefano, a Padova per motivi professionali e gli disse che stava portando il figlio Mattia in ospedale perché da 24 ore non faceva pipì; un corpicino non può rimanere 24 ore senza fare la pipì, quindi qualcosa non andava per il verso giusto. Il papà Stefano partì subito alla volta del Pronto Soccorso dell’ospedale di Camposampiero: i dottori non riuscivano a capire cosa avesse Mattia; i medici si posero molte domande sulla temperatura bassa del bimbo, chiedendo anche ai genitori se avessero il riscaldamento acceso in casa: papà Stefano rispose che lo tenevano addirittura un poco più alto del solito, essendo il primo figlio e non avendo esperienza preferivano alcuni gradi di calore in più.
Comunque papà Stefano e mamma Anna, dopo il parto ed avere portato Mattia a casa la prima volta, notarono da subito che mangiava poco; chi aveva avuto figli e quindi maggiore esperienza consigliava di aspettare, di avere pazienza.
Mattia peggiorava sempre di più: il martedì dei primi di febbraio lo hanno portato in rianimazione. Non capendo bene cosa avesse, è stato trasferito all’Ospedale di Padova perché Camposampiero non era attrezzato per simili casi. Hanno chiamato una apposita ambulanza, perché Mattia era stato intubato: l’ambulanza è arrivata circa alle 12:00 del giorno successivo. Trasferito a Padova è entrato subito in rianimazione: anche a Padova i medici non riuscivano a capire quale fosse il problema di Mattia e decisero, per approfondire e capire meglio il caso, di non alimentarlo più con il latte così come fatto all’Ospedale di Camposampiero.
Il giorno dopo il primo consulto, l’equipe padovana, alle 14:30, comunicò ai genitori che rimanevano poche ore di vita a Mattia, causa di una rara malattia metabolica, ed era giunto il momento di chiamare un prete. I genitori addolorati si attivarono subito: il prete arrivò il giorno successivo e battezzò Mattia. Da questo momento è iniziato l’iter per la rincorsa della vita.
Stefano Rigon, quale malattia è stata riscontrata a suo figlio Mattia?
Mattia è un bambino vivace e più volte è stato in pericolo di vita: fa parte della sua rara malattia metabolica, nota come iperglicinemia non chetotica; in Italia, per mia conoscenza, ci sono al massimo 10 bambini affetti da simile affezione. Anni fa i bambini affetti da iperglicinemia non chetotica avevano una vita estremamente breve; oggi credo che la ricerca sia quasi totalmente assente in Italia. Trascorso un mese in rianimazione, abbiamo iniziato a viaggiare; Mattia ha sempre mostrato grande voglia di vivere: ricordo Padova, in rianimazione in una camera con quattro bambini ricoverati, di cui due morti e due ad oggi vivi; i due bambini morti avevano intolleranze al latte, nulla a che vedere con la malattia di Mattia: spesso penso che Mattia sia venuto al mondo per aiutare terze persone per trasmettere, suo malgrado, energia positiva e senso di fiducia per chi interpreta come insormontabili i problemi personali. Dopo circa trenta giorni di rianimazione, i medici avevano programmato una tracheotomia il sabato seguente: un bambino appena nato non può rimanere intubato per oltre trenta giorni: lo portarono in reparto il giovedì e il venerdì gli stessi medici ci dissero di essere fortunati perché la tracheotomia non era più necessaria. In un secondo momento i medici erano intenzionati ad applicare una P.E.G. (*) perché Mattina non parla, non mastica, non si muove, non vede e non scarica; mamma Anna, e qui rendo merito alla sua scelta, si oppose perché l’applicazione della P.E.G. poteva migliorare temporaneamente la qualità della vita a patto che, come in altri casi, non portasse ulteriori e imprevisti problemi che per Mattia potevano essere probabilmente vitali. Nei primi anni di vita, per nutrire Mattia del pranzo, erano necessarie alcune ore, spesso terminava di mangiare il pomeriggio e quasi era ora di cena: ci vuole tanto, tanto amore e dedizione che solo una mamma e un papà possono dare. Oltre l’Ospedale di Padova, ci siamo rivolti ad altri centri nazionali di eccellenza medico-infantile, per curare la malattia metabolica. Mattia è stato ricoverato a Padova molto a lungo, circa 60 volte in Pronto Soccorso e 40/45 ricoveri in otto anni e mezzo. Ci siamo rivolti anche all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma e all’Ospedale Pediatrico Meyer di Firenze: in tutti i casi i risultati sono stati praticamente pari a zero, con risposte comuni: malattia rara, non ci sono speranze. Abbiamo tentato anche presso strutture private: nessuno in Italia è riuscito a diminuire le crisi epilettiche, a causa delle complicanze della iperglicinemia non chetotica, oltre essere affetto da tetraparesi spastica distonica, dopo l’uscita dalla rianimazione. Mattia aveva 20/25 crisi epilettiche al giorno che devastavano e annullavano tutte le terapie fatte: in tal senso, ricordo che i medici di Verona, persone eccezionali che mettono la loro vita e il loro amore a disposizione di pazienti come mio figlio, ci dissero che era inutile tornare dal loro, poiché non si potevano riscontrare miglioramenti o risultati se non riuscivamo a diminuire prima le crisi epilettiche. Nonostante il peregrinare tra i migliori ospedali e cliniche d’Italia, nessuno è riuscito a diminuire la frequenza delle crisi epilettiche di Mattia e quelle respiratorie. Mattia a volte peggiorava. I medici spesso davano risposte discordanti tra loro: il consiglio che sentii di dare a mia moglie era di seguire il suo istinto materno, l’unico che possa essere genuino e di maggiore buona fede: era in gioco la vita del nostro unico figlio. Dovendo prendere decisioni importanti, Internet e Facebook ci hanno aiutato molto: il confronto con altri genitori, con figli affetti da malattia simile, ha consentito scambi di esperienze in tempo reale. Noi spieghiamo ad altri genitori la nostra personale esperienza, tenendo presente che ogni corpo reagisce a suo modo e quindi non è detto che i risultati di taluni possano essere conseguiti da altri; ogni caso deve essere valutato singolarmente. I primi anni ci siamo confrontati con genitori in America, Germania, Australia e molti altri paesi, con il supporto di una insegnante di lingua inglese.
Come siete venuti a conoscenza di un centro specializzato in Israele?
Parlando con alcuni genitori, siamo venuti a conoscenza di un centro privato Internazionale di Biocorrezione a Rishon Le Zion, In Israele ed a pochi chilometri da Tel Aviv. Il Centro è stato fondato dallo scienziato russo Prof. Vitali Vassiliev, mancato nel 2012: dopo avere parlato telefonicamente con il Prof. Vassiliev, inviammo tutte le cartelle cliniche e la documentazione richiesta. All’epoca nessuno voleva trasferire Mattia all’estero, essendo in pericolo di vita. Con la mamma Anna ci siamo guardati negli occhi e ci siamo fatti coraggio, considerando anche l’impegno economico: per il primo ricovero di tre settimane erano necessari dai 20 mila ai 22 mila euro. Non avevamo quella cifra, ma dissi ad Anna di temporeggiare per un mese e mezzo, il tempo per tentare di trovare la cifra necessaria per il ricovero: abbiamo trovato moltissime porte chiuse, continuavano a dirci che a Tel Aviv c’era la guerra, mentre in Italia sono possibili molte terapie. Anche l’Ospedale di Padova era nettamente contrario, per legge un bambino epilettico come Mattia è obbligato a prendere gli antiepilettici a vita: io ed Anna siamo partiti comunque con Mattia. Giunti a Tel Aviv, il Prof. Vassiliev ci ricordò che poteva intervenire solo per l’epilessia, questa era la sua competenza e specializzazione, e se accettavamo le sue terapie dovevamo interrompere la somministrazione dei medicinali italiani poiché erano in contrasto con le sue scoperte. Potevamo scegliere di continuare senza risultati, come da circa quattro anni in Italia, oppure l’alternativa del protocollo di terapie del Prof. Vassiliev con le eventuali conseguenze o imprevedibili complicazioni del caso. Comunicai all’Ospedale di Padova che avremmo interrotto la somministrazione dei farmaci italiani e, come da etica professionale, ci dissero che avrebbero provveduto a denunciarci. Siamo andati per la prima volta in Israele nell’agosto del 2011, la cura è iniziata a base di Levodopa, un farmaco utilizzato per curare il morbo di Parkinson: frequenza e durata delle crisi epilettiche migliorarono notevolmente. In Israele abbiamo fatto, in tutto, tre cicli di terapie: agosto 2011, novembre 2011 ed estate 2012 per un totale di oltre 60 mila euro di spesa. Il Prof. Vassiliev ci disse che in tre cicli aveva fatto quanto poteva, e i risultati erano molto buoni: andare oltre non avrebbe portato ulteriori benefici. Le crisi epilettiche erano quasi sparite.
Dopo le terapie israeliane del Prof. Vassiliev, avete seguito altre cure o terapie?
In ottobre 2012 abbiamo iniziato una terapia in Belgio, l’ABR Belgio, con il suo ideatore Prof. Leonid Blyum. I bambini come Mattia sono collassati, nel senso che non tengono autonomamente diritta la schiena, la testa e il collo. Ogni quattro mesi incontriamo lo Staff belga, una volta l’anno direttamente con il Prof. Blyum: essendo un gruppo di oltre venti famiglie italiane, l’intera equipe viene a Verona. La terapia ABR Belgio consiste nell’applicazione di particolari massaggi, in più zone del corpo: mamma Anna li applica sul corpo di Mattia tutti i giorni, per 2 o 3 ore ogni volta. Anche gli arti sono collassati, le cellule interne non lavorano correttamente e i vari tessuti non comunicano tra loro. Ricordando che ogni caso è differente dall’altro, l’equipe del Prof. Blyum spiegava l’inutilità delle terapie fatte in Italia per tenerlo in piedi, più paragonabili a fisioterapie, perché secondo loro i problemi erano interni al corpo: infatti, terminata la fisioterapia, i risultati svanivano. Con il metodo ABR Belgio, con specifici massaggi in più parti del corpo, con soluzioni differenti ovvero spugnette più dense o meno dense, palline di sabbia o di gomma e relativi componenti, si possono stimolare tutte le cellule interne, mettendo meglio in comunicazione i tessuti tra loro, componendosi in modo migliore. Ad ogni incontro vengono scattate foto e stilati report, poi confrontati per valutare il prima e il dopo. Mattia aveva le spalle chiuse, era gobbo, torace rivolto verso l’interno, la lingua lo soffocava: oggi ha conquistato una postura, prendendolo in braccio riesce a tenere su il tronco della schiena, i braccetti spesso sono più diritti, per alcuni secondi riesce a tenere su il collo: tutto ciò tre anni fa non riusciva a farlo. Postura migliore significa respirare meglio, migliorare il lavoro degli organi interni, deglutire più facilmente: benefici del metodo belga, che ancora oggi seguiamo. L’equipe del Prof. Blyum fa sempre i complimenti alla mamma Anna, per l’amore e la capacità nell’applicare i massaggi e costanti cure, al punto che vorrebbero che lavorasse anche per loro: Mattia, a livello europeo, è stato il bambino che è migliorato con la metà del tempo, rispetto gli altri bambini sotto terapia. Il Prof. Blyum, inoltre, avanza con i suoi studi: ultimamente stiamo utilizzando un corpetto da egli progettato, che riesce a scaldare la colonna vertebrale di Mattia con raggi infrarossi. Ogni quattro mesi vengono applicati nuovi esercizi, in base all’interazione decisa sul bambino: i risultati positivi sono visibili e confortanti. Mattia ha una sua cameretta attrezzata, la mamma Anna lo cura con la massima dedizione, ogni giorno della settimana; spesso gli fa ascoltare la musica, alla frequenza delle nostre onde cerebrali, e ciò lo rilassa molto, insieme all’accensione di candeline e incensi per profumare l’ambiente.
Stefano, Lei ha accennato, in varie occasioni, al ricorso alle cellule staminali; è corretto?
In maggio 2014 abbiamo iniziato la prima infusione di cellule staminali: eravamo in lista da circa due o tre anni per il metodo Stamina, in Italia, insieme a famiglie con cui siamo stati in Israele e altre che sono state in Slovacchia, Canada o altrove. Nel frattempo avevamo creato anche un gruppo Facebook, per rimanere in contatto tra noi e scambiare le esperienze di ciascuno, in base alle terapie scelte per i propri figli. Mia moglie Anna aveva anche manifestato a Roma per poter seguire la cura Stamina, siamo stati intervistati dalla trasmissione televisiva Le Iene per conoscere meglio il nostro caso: mi duole dirlo, ma non credo più allo Stato Italiano, per quanto concerne le possibilità di cure alternative. Per poter proseguire con il metodo Stamina agli Spedali Civili di Brescia, metodo non ideato da Vannoni o dal Dott. Andolina, ma proveniente dalla Russia, ci siamo rivolti ad un legale, che già rappresentava alcune famiglie per lo stesso motivo: mi chiese 5000 euro solo per iniziare una procedura contro lo Stato; 5000 euro erano per noi una somma importante e, di comune accordo con mia moglie Anna, abbiamo valutato di rivolgerci a strutture estere: la giustizia italiana è molto lunga, le previsioni di vita di Mattia brevi e imprevedibili. L’obiettivo che ci siamo prefissi era ed è una vita più dignitosa possibile per nostro figlio: non entriamo nel merito se qualcuno ha lucrato oppure no con il metodo Stamina o altri metodi, se qualcuno è stato più onesto o meno: ci interessano eventuali benefici, indipendentemente dal lato economico. Forse qualcuno avrà valutato un business sulla malattia di questi bambini, non giudico e non valuto: il mio pensiero è sempre volto oltre, verso la possibilità di alleviare difficoltà o dolori a Mattia. Per la medicina classica non c’è speranza per i bambini come Mattia o quelli di altre famiglie, che abbiamo conosciuto: dobbiamo solo attendere chissà quale novità. Non si può togliere la speranza, affermando che in assoluto non ci sono soluzioni e si deve solo attendere: togliendoci la più remota speranza, ci trasformano in ‘morti che camminano’. Ricordo i primi anni in cui ci confermavano ripetutamente che Mattia aveva vita breve, senza speranza e senza cure: quando i miei genitori ci consigliarono di rivolgerci in Israele, chiamammo il Prof. Vassiliev: nulla ci promise, tanto meno miracoli, se non intervenire sulle crisi epilettiche; in questo caso avere avuto una alternativa ci ha fatto rinascere anche come genitori; ricordo anche un medico italiano, a Verona, che non diede garanzie e non fece promesse, ma sentirgli dire che avrebbe fatto il 110% di quanto avrebbe potuto, ebbene anche questo ci ha dato fiducia e maggiore forza per andare avanti: altri continuavano a dirci di chiamare un prete, mentre oggi Mattia ha quasi nove anni e i miglioramenti da terapie e cure alternative sono molti. Viviamo giorno per giorno: tutto potrebbe cambiare in pochi secondi.
Da questa esperienza è nata l’associazione Progetto Mattia Rigon Onlus…
A seguito delle costose cure e trasferte, della disperazione di altri genitori per la difficoltà di raccogliere 50 euro per una visita, a causa del crollo di molti genitori ed altri successivamente divorziati, abbiamo deciso nel 2013 di fondare l’associazione Progetto Mattia Rigon Onlus, con l’obiettivo di raccogliere fondi in primis per Mattia e seguire i suoi miglioramenti, per sensibilizzare i cittadini verso queste malattie metaboliche ed infine avere la possibilità di aiutare anche altri bambini malati. Noi senza l’associazione non ce l’avremmo mai fatta. Abbiamo fatto la prima infusione di cellule staminali nel centro privato Stammen Zell di Vienna, in maggio 2014, poi la seconda infusione in settembre 2015, considerando che per ottenere risultati soddisfacenti bisogna fare almeno cinque infusioni e una pausa da sei a nove mesi tra una infusione e l’altra. Ogni centro ha un suo brevetto e quindi non tutti i centri seguono lo stesso protocollo o cura a base di cellule staminali: ogni centro fa proprie scoperte e persegue il suo protocollo: siamo andati in Austria sulla scia delle positive esperienze di altre famiglie contattate. Abbiamo riscontrato molti miglioramenti e la procedura è sinteticamente la seguente: vengono prelevate cellule da Mattia attraverso il foro in un osso vicino all’osso sacro, una sostanza gelatinosa quali cellule staminali più vergini viene estratta e immediatamente sono scartati eventuali frammenti ossei, il plasma viene rimesso subito nel corpo per mantenere l’equilibrio mentre eventuali dubbi su una cellula fanno sì che essa venga immediatamente scartata: le cellule sane vengono moltiplicate con un apparecchio inventato da un loro Professore ed in poco più di mezz’ora riescono a raggiungere un rapporto da 1:3 fino ad una media di 1:6. Il giorno prima dell’infusione, viene deciso con i genitori dove iniettare le cellule staminali. Mattia ha ricevuto l’ultima infusione tra la quarta e la quinta vertebra del midollo osseo, altre cellule nei quattro arti perché, nell’ultimo periodo, teneva le gambe estremamente rigide: le gambe iper rigide si sono un poco sciolte. Il trattamento avviene nello stesso giorno. Nostro figlio sta migliorando, sono migliorate ulteriormente anche le crisi epilettiche, mangia più in fretta, è più reattivo e, anche se appoggiato, gira la testa da un lato e dall’altro, ascolta le voci attorno a lui: rispetto a due anni fa è un altro bambino. Dorme di più la notte e da settembre scorso, per la prima volta, riesce a scaricare: prima era necessario l’uso della peretta. Valuteremo se tornare in Austria in primavera o nel periodo estivo prossimo, per evitare troppe assenze scolastiche. Chiunque conosca Mattia, trae positività e fiducia dal suo sguardo, dal suo cuore: eppure in ospedale è quasi sempre il bambino più grave. Nonostante i momenti di sofferenza e di pianto, chiunque lo incontra ci testimonia quanta serenità Mattia riesca a trasmettere. Direttamente o indirettamente, dona ottimismo anche ai genitori che sono nella stessa stanza di Mattia, con i loro figli malati e che credevano avere problemi maggiori degli altri: conoscendo Mattia, a detta di molti genitori, hanno riacquistato fiducia per i loro figli, meno gravi del nostro. Siamo seriamente intenzionati a fare crescere la nostra Onlus, più cresce e maggiori aiuti possiamo dare anche ad altri bambini in difficoltà economico-famigliare. Lo scorso settembre abbiamo deciso di aiutare una famiglia colpita dal tornado nella Riviera del Brenta: il prete di Cazzago ci ha indicato una famiglia colpita pesantemente dalla furia distruttiva dell’evento meteo e con un bambino diversamente abile; abbiamo incontrato la famiglia e riscontrando che il bambino poteva muoversi pochissimo, abbiamo donato uno specifico letto elettrico con ruote. Recentemente abbiamo aiutato anche l’Hospice Pediatrico di Padova, in cui lavorano persone stupende e dotate di molta umanità, dove molte famiglie hanno figli anche in fase terminale: abbiamo dato un contributo economico ad un’altra Onlus che con altre famiglie stipendiano due persone, un medico e uno psicologo all’interno dell’Hospice stesso. Puntiamo ad aiutare persone che conosciamo direttamente e bambini con malattie molto rare, possibilmente nel nostro territorio poiché gli aiuti economici provengono principalmente dal triveneto e in esso vogliamo impiegarli. Lo Statuto della nostra associazione è molto rigido: per beneficiare dei nostri aiuti è necessario fornire l’ISEE per dimostrare realmente di essere in stato di necessità, sebbene in alcuni gravissimi casi potremmo essere eccezionalmente poco più elastici. Alcuni giorni fa ho incontrato personalmente un’altra famiglia che non può sottoporre a visite mediche il figlio, per problemi economici: sottoporrò il caso alla prossima riunione della nostra Onlus e sicuramente riusciremo a dare un aiuto anche a loro, nei limiti del possibile.
Come raccogliete gli aiuti economici? Quali iniziative organizzate?
Organizziamo mercatini, vendiamo le piante la domenica con banchetti, ci ospitano in discoteche per farci presentare e conoscere, siamo ospiti in Tv su Telecittà con Enzo Spatalino che ha un gran cuore e ci dedica gratuitamente visibilità; in altri casi ci viene donato denaro e rilasciamo regolare ricevuta: abbiamo ricevuto donazioni di 10 euro in una cena in pizzeria, mentre un giorno un imprenditore facoltoso ha donato 5 mila euro dopo essere stato sensibilizzato dalla nostra presenza in un torneo di calcio, tra bambini, di importanti Club: devo dire che anche il Calcio Padova da un grande aiuto, in tutti i sensi. C’è tanta gente con il cuore grande, indipendentemente da quanto può donare: non c’è nulla di più bello che consentire una sofferenza in meno. I bambini come Mattia spesso ci danno lezioni di vita, ci insegnano a vivere serenamente il presente e nel migliore dei modi; ogni sorriso deve essere vissuto con amore e sentimento all’istante, senza pensare ai minuti successivi perché quell’istante è reale, non essendo certo l’istante successivo. Il passato non conta, la vita è adesso.
Il papà Stefano ha iniziato a scrivere poesie ispirate inconsapevolmente dal figlio Mattia.
Per donazioni
PROGETTO MATTIA RIGON ONLUS
Banca Padovana Credito Cooperativo
IBAN: IT 84 I 08429 62420 001500002899
i bonifici effettuati presso gli sportelli della Banca Padovana Credito Cooperativo sono GRATUITI, senza alcuna spesa di commissioni.
5 X MILLE
nella Dichiarazione dei Redditi
Codice Fiscale: 92244150287
Contatti diretti:
Stefano Rigon – 349.8621872
Anna Rigon – 349.8150570
Mail: euromattia@gmail.com
(*) P.E.G. (Gastrostomia Endoscopica Percutanea): procedura endoscopica che collega la cavità gastrica verso l’esterno, mediante un tubicino di 5-7 mm di diametro, per permettere l’assunzione di cibi e liquidi in soggetti che hanno difficoltà a deglutire (per malattie organiche o funzionali). La PEG è una procedura che viene utilizzata nei pazienti in cui sia presente un’incapacità temporanea (superiore ad un mese) o permanente ad alimentarsi per bocca e nei quali, comunque, sia possibile raggiungere endoscopicamente la cavità gastrica. Ciò si verifica in patologie che interessino l’orofaringe, l’esofago, il mediastino.