INTERVISTA A FABIO BELTEMPO, SEGRETARIO PROVINCIALE UGL UTL PADOVA
Con la collaborazione di Germana La Mantia
L’anno scolastico è iniziato da poco più di un mese e le novità varate dal provvedimento denominato “Buona scuola” stentano a placare i malumori. Come si spiega questo?
Riformare il sistema scolastico italiano è un’impresa sicuramente non semplice ed era prevedibile che la sua gestazione e applicazione trovasse intoppi e ostruzionismo nel suo percorso. Le polemiche attorno a questo provvedimento non si fermeranno facilmente proprio perché da subito ha fatto emergere alcune lacune e senso di inadeguatezza di chi pretende di volere cambiare questo complicato sistema.
E’ lampante la totale assenza di un vero progetto a lungo termine, è una riforma che non racchiude in sé la più minima prospettiva sulla quale indirizzare il sistema scolastico italiano, mentre si è focalizzata l’attenzione su aspetti di tipo organizzativo. Se poi aggiungiamo a tali carenze il solito modo saccente in cui ci è stata venduta questa pseudo riforma, come fosse una vera svolta epocale, si comprende bene che “la buona scuola” non poteva non suscitare la campagna di resistenza di cui siamo oggi partecipi. Queste prevedibili opposizioni hanno infatti spinto l’esecutivo a usare l’unica arma in suo possesso per evitare rischi di impasse parlamentare, ovvero il voto di fiducia. Ed è proprio con l’ennesimo voto di fiducia che si sono decise le sorti e l’inesorabile declino della scuola pubblica italiana.
Un Governo ottuso nella sua idea di riforma e incurante delle proteste e degli scioperi ad oltranza in tutta Italia
Stiamo assistendo ormai da tempo ad un inaccettabile atteggiamento di chi si proclama “salvatore della patria” e artefice di una riforma vincente che guarirà tutti i mali storici della scuola italiana. Veniamo da mesi di forzature, ripicche e tensioni sociali che non sono altro che la dimostrazione di quanto questa riforma abbia toccato le corde di tutti i cittadini, non solo del mondo scolastico ma di tante altre categorie. Renzi e la sua squadra di Governo sono riusciti come pochi in una impresa titanica, hanno innescato un sentimento di compatta e crescente partecipazione di protesta dal basso, strade, e piazze gremite di persone arrabbiate e deluse dalle scelte scellerate del Palazzo.
Non si può negare che una rottura profonda si è consumata tra la sinistra e gran parte del suo elettorato storico (quello degli insegnanti) che lo accusa, senza mezzi termini, di volere cambiare le cose senza dialogo, partecipazione e coinvolgimento di chi fa la scuola e ne è concretamente parte.
Un riforma a senso unico e senza confronto dunque?
Praticamente si, non si è mai aperto un vero tavolo di discussione tra le parti sociali, insegnanti, famiglie e studenti, che sono stati tenuti fuori da qualsiasi forma di dibattito veramente partecipato. Proposte sindacali inascoltate, inesistenti aperture al dialogo ma tutto solo di facciata, ad uso e consumo di televisioni e giornalismo di parte. Finte disponibilità al confronto, sbandierate ovviamente ai quattro venti ma praticamente mai cercate nonostante le legittime e pressanti richieste di condivisione della riforma. La maggioranza sostiene che si sono confrontati, ma con chi e quando poi?
La verità è che non hanno interesse a condividere nulla, salvaguardano solo le loro belle poltrone invitandoci magari ad avere pazienza perché gli effetti benefici della riforma si vedranno a breve. Intanto la scuola è iniziata e di tutta quest’aria di rinnovamento rivoluzionario non si ha traccia. La verità è che il Governo non ascolta, tira dritto e decide di testa sua, questo non è più tollerabile in un paese democratico e poi dobbiamo anche sorbirci la solita inutile accusa che chi non vuole il cambiamento non vuole fare il bene del paese, siamo stanchi proprio di questa farsa riformatrice.
Quale tra i punti di questa riforma non la convince maggiormente?
La figura del Preside Manager a mio avviso è molto rischiosa, in essa possono confluire delicate dinamiche sociali e di merito. Si affiderebbe ad un unico soggetto il potere di scegliere, un vero deus ex machina nel quale converge la logica dell’accentramento del potere di assegnare le cattedre vacanti, con chiamata diretta. Una scuola/azienda nel quale si potrebbero insinuare possibili pressioni con inevitabile clientelismo. Si corre il rischio in questo modo del venir meno della meritocrazia tanto cara al premier, e valori come libertà di insegnamento e uguaglianza verrebbero seriamente minacciati. Come si può pretendere di volere fare la riforma del secolo con queste premesse, la scuola deve essere riformata sicuramente, ma non con le slides e i diktat, è fondamentale programmare e operare il cambiamento tenendo conto in primis delle necessità ed esigenze del corpo insegnante e degli studenti. E poi ci stupiamo anche della mancanza di motivazione degli insegnanti, il cui ruolo sociale ed educativo è ormai calpestato. L’autorevolezza e il rispetto erano un tempo delle caratteristiche legate alla figura dell’insegnante, il quale ha smarrito nel corso degli anni lo status di mentore e guida degli studenti. Aspiro ad insegnanti che siano punti di riferimento di una conoscenza non solo strettamente didattica ma anche del mondo fuori. Una figura da cui trarre ispirazione e dalla quale si resta incantati ad ascoltare, ecco come immagino il ruolo dell’insegnante. E’ fondamentale intraprendere un percorso che ne possa valorizzare le attitudini e la professionalità, una figura che deve essere sollecitata a sviluppare l’arte della comunicazione e la passione dell’insegnamento.
L’immissione in ruolo dei precari non sembra placare le polemiche, una riforma ostile agli insegnanti?
Come sempre non si può negare la dote del nostro primo ministro a deformare e a raccontare la realtà delle cose a suo piacimento. La condizione di precarietà di molti insegnanti e la mancanza di risorse e strumenti non verrà mutata da questo provvedimento di legge. Ci stanno stordendo con un mantra martellante che questo è il governo delle assunzioni dei precari, un governo che investe nella scuola e che dà persino un bonus di 500 euro a insegnante per spese di aggiornamento, formazione e miglioramento della didattica. Mancava solo una banda musicale e i fuochi d’artificio per l’annuncio inutile delle 150.000 assunzioni di insegnanti, numeri inesorabilmente scesi a 100.000 (al momento però le immissioni in ruolo si aggirano a 48.000) e che non faranno sparire in nessun modo quelle supplenze che da nord a sud sono da coprire. Ma perché invece di auto celebrarsi e darsi meriti che non gli spettano, il governo non dice la verità? Queste non sono assunzioni, ma stabilizzazioni di soggetti che lavorano da anni nelle scuole e la cui assunzione è sancita da una sentenza della corte europea. A quasi un mese dal suono della prima campanella, regna l’incertezza e la confusione, molte cattedre restano vacanti e chi ne patisce maggiormente sono gli studenti, ammassati spesso in classi pollaio e dove molti di essi necessitano degli insegnanti di sostegno che mancano ancora.
Risorse insufficienti dunque nonostante i proclami?
Non servono tante riforme, ma ne serve una ma che sia fatta bene. Le risorse stanziate sono del tutto insufficienti, basti pensare alle condizioni disastrose in cui molti studenti e insegnanti si trovano a dovere sopportare quotidianamente. Aule fatiscenti, muri pericolanti, strutture che cadono a pezzi, palestre e laboratori improvvisati in salette ristoro o addirittura inesistenti, situazioni difficili da gestire che creano disagi importanti alla didattica e che spesso sono stati anche causa di eventi dolorosi. Di quanti studenti morti abbiamo ancora bisogno prima che ci si decida ad intervenire? Mi chiedo come si possa solo minimamente pensare ad una riforma della scuola senza partire dalla base, è una emergenza presente su tutto il territorio nazionale ed è sempre più allarmante il numero degli edifici non a norma. Strutture vecchie, antecedenti agli anni ‘50, barriere architettoniche presenti, amianto, strutture datate che non tengono conto delle necessità reali. Moltissimi edifici poi sono privi di spazi verdi all’aperto da utilizzare per attività extrascolastiche fondamentali per ogni studente, luoghi in cui potere fare sport o altre attività che sono necessarie al proprio arricchimento umano e che contribuiscono alla propria crescita anche attraverso questi momenti di vera e sana aggregazione sociale. La cosa primaria da attuare è un vero e proprio piano di edilizia scolastica, un polo umano ed educativo ricco di tutti quegli strumenti che concorrono alla formazione di un individuo. Un luogo che sia espressione del futuro e che lo fa anche attraverso l’utilizzo delle energie rinnovabili, di testi elettronici, laboratori di musica, di arte, di recitazione. Siamo il paese che vanta il più grande patrimonio culturale del mondo ma anche quello che ha anche il triste primato di abbandono scolastico e di bassa alfabetizzazione. Questo non può che farci riflettere.
Cosa ne pensa dei fondi dei privati e come dovrebbe essere per lei una buona scuola?
Che alla scuola servano risorse è chiaro a tutti ma finché non si comprende il suo ruolo sociale ed educativo non si va da nessuna parte.
E’ fondamentale investire sulla conoscenza, sulla qualità, sul futuro, è questo quello di cui abbiamo bisogno. I finanziamenti privati alle scuole potrebbero essere strumento utile al miglioramento dei singoli istituti ma si deve evitare che questo crei differenziazioni e ulteriori disagi alle scuole di periferia che soffrono già di carenze strutturali e sociali, soprattutto in certe regioni.
La scuola è la prima opportunità che ciascuno di noi ha e si trova a vivere, su quei banchi formiamo il nostro carattere e comprendiamo le nostre passioni, bisogna dare slancio alle nuove generazioni, bisogna incuriosirli e renderli affamati di sperimentare e di sapere. L’istruzione si rende interessante anche attraverso ciò che vediamo e creare un clima non da collegio in una struttura che non sembri un carcere minorile può sicuramente contribuire al raggiungimento di questo obiettivo.
Dobbiamo pretendere una scuola che sia un polo aggregativo ed educativo, un microcosmo di cui tutta una comunità può trarre beneficio, una cosa da rispettare e da sentire nostra, un luogo di cui prendersi cura, da proteggere e da difendere. La “Buona scuola” è quella che permette a chiunque di potersi istruire, apprendere e conoscere, la scuola deve essere migliore per tutti e non deve generare diseguaglianze. Abbiamo bisogno di creare una scuola che possa garantire al soggetto di migliorare, mettendo al centro dell’interesse comune lo studente, avendone cura, stimolandolo e fornendogli una istruzione di qualità, con insegnanti preparati e appassionati dell’insegnamento, con una didattica moderna e coinvolgente.
In quelle aule c’è il nostro futuro, rendere nostra la scuola significherebbe dargli il giusto valore sociale di conoscenza, ma per fare questo bisogna renderla bella, attuale e accogliente, perché solo così possiamo imparare ed insegnare ad amarla.