Dal 05 al 20 settembre a Padova è aperta la mostra di cimeli storici della Prima Guerra Mondiale: “Centanni… La Grande Guerra”: rivedere reperti di morte per non rivedere la guerra (Via P. Orseolo, 18 Padova quartiere Voltabarozzo – orario 9:00-12:00 e 16:00-20:00, entrata libera – tel. 049/755020 per info e visite guidate su prenotazione).
La mostra, estremamente curata e probabilmente unica nel suo genere in occasione del Centenario della Prima Guerra Mondiale, è organizzata dal Maestro Alberto Gamba con il patrocinio del Comune di Padova e la collaborazione dell’Associazione Storico Culturale Il Piave 1915-1918.
Abbiamo visitato molte mostre nel territorio veneto, ma questa fa sobbalzare l’animo sin dal primo passo attraverso l’uscio, apre gli occhi sul sacrificio e dolore di tutti i caduti in battaglia, in trincea, trafitti dal piombo e avvolti dal filo spinato: indirettamente la guerra ha reso in brandelli il cuore delle famiglie il cui lutto ancora oggi viene pianto.
La maggiore parte dei reperti proviene da collezioni private e dalla collezione personale del Maestro Gamba, grande appassionato e ricercatore di storia (recuperante) con regolare patentino regionale: “Questa mostra la dedico a mio zio – afferma il Maestro Gamba – disperso sul Carso a quota 146, nell’undicesima battaglia sull’Isonzo […] la madre mi ha trasmesso le sofferenze dei soldati di entrambe le parti e questa passione che mi coinvolge ancora oggi dopo decenni di ricerche e approfondimenti sulla più tragica delle guerre, sempre che si possa immaginarne di meno tragiche”.
La mostra è allestita intelligentemente, affinchè si possano osservare cimeli per categoria e scenografia, abilmente esposti per traslocare la mente verso strumenti bellici e disumani che rendevano il milite boia verso l’umanità e inconsapevolmente verso se stesso: mascherine utilizzate per proteggersi dai gas e mazze ferrate utilizzate per sfondare il cranio degli avversari tramortiti e rantolanti per l’effetto gassoso.
Fucili, baionette e pugnali (è esposto anche un pugnale originale del reparto Arditi e la bomba Thévenot solo ad essi in dotazione), trincee e avanposto con lastre d’acciaio ricreano l’ambiente: la realtà del luogo di morte ricreato in poco spazio, tanto quanto quello spettante al fante. “La raccolta è iniziata circa 50anni fa: appassionato di funghi, cercavo nei boschi fino a quando ho trovato oggetti metallici che risultarono cimeli, oggetti della guerra, elmetti e bottigliette utilizzate per medicare i feriti; anche strumenti chirurgici: con il tempo molto è stato anche trovato nei mercatini e scambiato con altri collezionisti per ampliare i cimeli”.
Durante la mostra è possibile essere accompagnati dal Maestro Gamba che con precisione spiega non solo l’uso fatto dai soldati di ogni cimelio esposto, ma anche informazioni poco note quali l’uso di freccette, trovate circa 40/45 anni fa, in metallo lanciate da aerei in quota 2000 metri che cadendo verso le truppe nemiche provocavano la penetrazione attraverso il corpo e le ossa, dalla testa ai piedi (così come testimonia anche una nota stampa dell’epoca, per mano di Achille Beltrame); l’uso dei barattoli di latta utilizzati per il rancio e poi riciclati per renderli vere e proprie bombe a mano, riempendoli di palle di ferro, cera e miccia imbevuta di sostanza infiammabile; e molto altro con presa visiva diretta.
La Grande Guerra ha scritto per tutti pagine crudeli, uomini trasformati in carnefici ed al contempo vittime degli eventi: la mostra allestita dal Maestro Alberto Gamba presso la palestra di arti marziali Tora Dojo non è una iniziativa “guerrafondaia”, al contrario: la testimonianza che in guerra nessuno è vincitore; una mostra affinchè le generazioni successive apprendano visivamente le atrocità e sofferenze, spesso non sono scritte nei libri di storia, e non vengano scritte altre pagine sulla belligeranza, rendendo orfani e vedove non solo le persone ma anche l’umanità.
Foto al fronte e medaglie sono esposte con sommo rispetto in ossequio della enorme bandiera italiana del Regio Esercito Italiano (originale), esposta come a dominare la pace.
Chiediamo al Maestro Gamba quale è stato il vero incipt per iniziare raccogliere e collezionare cotanto materiale storico, riferito ad una delle più tragiche esperienze di morte nazionale e con la mano sul cuore Egli afferma che “Gli anziani spesso, giunti ad una avanzata età, tornano bambini o ad epoche vissute in passato. Mia mamma è morta all’età di 94 anni, perdendo talvolta il senso del presente; proprio lei, in alcuni momenti di minore lucidità, mi chiedeva spesso di andare a cercare mio zio Guido che ‘sarà pien de fame e pien de fredo, trova tò zio trova tò zio…’: dopo due mesi mia madre è mancata. Questo è il motivo: sono partito, destinazione Carso a quota 146 con una particolare piantina e deposi una ghirlanda: fu così che volli mantenere con tutte le mie forze l’impegno preso con mia madre, appassionandomi sempre più. Questa mostra l’ho dedicata a mio zio, tornando nuovamente al punto di partenza”.
Nessun’altra mamma deve piangere i suoi figli, tanto meno per una guerra.