59 anni fa, l’8 agosto 1956, centinaia di minatori perdevano la vita nella miniera belga di carbone Bois du Cazier, a Marcinelle, nei pressi di Charleroi.
275 persone al lavoro e intrappolate, come topi: 262 morirono, in gran parte Italiani.
Una scintilla elettrica provocò l’innesco di un incendio: ci fu una combustione di olio ad alta pressione. Un disastro nel disastro, tragedia nella tragedia: la terza nel mondo per numero di vittime italiane all’estero.
Dopo la seconda guerra mondiale il Belgio necessitava di manodopera per le sue miniere; il 20 giugno 1946 venne stipulato il Protocollo Italo-Belga per carbone in cambio di 50 mila lavoratori italiani, disponibili da subito a sigillare con corde le valige di cartone, nella speranza di trovare una vita migliore, nel rispetto delle regole tra Stati. Le unità lavorative italiane superarono la quota prevista, fino a circa 63.800 con non più di 35 anni di età; arrivavano 2000 per volta, con contratti riportati a 12 mesi: riconosciuti anche assegni famigliari in patria.
Roma, 23 giugno 1946: il Protocollo prese forma a firma del Conte Sacco Suardo (Presidente della Delegazione Italiana) e Conte Geoffrey d’Aspremont-Lynden (Incaricato d’Affari del Belgio).
Dieci anni dopo, l’8 agosto 1946, nel susseguirsi di incomprensioni tra i colleghi Antonio Iannetta (molisano, 28 anni all’epoca) e l’aiutante anziano belga Gaston Vaussort, per l’uso di un ascensore per il carico di vagoncini da fare risalire in superficie (sebbene le versioni siano non sufficientemente convincenti, anche per la mancata testimonianza del Vaussort, deceduto), si scatenò l’inferno. Gli eventi principali e scatenanti le cause dell’incendio si svolsero tra le ore 7:56 del mattino e le ore 15:00. Due ascensori, uno in salita e l’altro in discesa: quello in risalita strofina, con i suoi vagoncini pieni di carbone, una putrella; la putrella trancia una importante condotta d’olio ed i fili telefonici (isolando le comunicazioni con la superficie e i responsabili della miniera), oltre le condotte dell’aria compressa. Una tragedia senza fine, senza sorta di scampo per quasi tutti i minatori, prigionieri nelle gole del pianeta. Scoppiò così un incendio, il fumo raggiunse tutte le zone della miniera provocando la morte dei minatori per asfissia, consci dei loro ultimi momenti di vita senza possibilità di comunicazione con il mondo esterno; senza la possibilità di un ultimo saluto alle famiglie.
Sopravvissero solo 13 minatori, morirono 136 italiani e 95 belgi. Rimase l’obbligo di catalogare i corpi, avvolti in sacchi e riportati con fatica in superficie, dopo il riconoscimento da parte di familiari: spesso riconosciuti solo attraverso oggetti personali. Dopo il riconoscimento vennero sigillati nelle bare.
Le vittime furono 262; per numero di vittime: 136 italiani, 95 belgi, 8 polacchi, 6 greci, 5 tedeschi, 3 ungheresi, 3 algerini, 2 francesi, 1 britannico, 1 olandese, 1 russo e 1 ucraino.
L’Italia piange oggi i suoi connazionali, nonostante il silenzio assordante di questi giorni; a fatica e poco si ricorda. Forse morti scomodi per il susseguirsi di contro dichiarazioni e contrastanti testimonianze nelle commissioni d’inchiesta e processi che lasciano pensare a stravolgimenti di verità: lavoratori morti nelle viscere terrene, calati nelle grotte per sopravvivere e mantenere le loro famiglie. Si narra che l’incidente sia stato volontariamente causato per convincere la proprietà della pericolosità della miniera, ma prova certa non fu mai portata. Dai processi nessuno venne condannato, nessun colpevole. Antonio Iannetta è morto a 87 anni in Canada, a Toronto, l’ 11 febbraio 2012 portando con sé tutti i segreti.
La miniera Bois du Cazier è stata riconosciuta patrimonio storico dell’UNESCO.