Intervista a Fabio Beltempo, segretario provinciale UGL UTL Padova
Con la collaborazione di Germana La Mantia
Segretario Beltempo, l’emergenza sbarchi è un fenomeno inarrestabile, che tipo di immigrazione è questa?
Stiamo assistendo da tempo ad un esodo senza precedenti, che è figlio delle “primavere arabe“, proteste che se inizialmente sono nate come moti dallo spirito democratico e di lotta per la libertà, dall’altro si sono tristemente trasformate in lotte di potere e in sanguinose guerre civili, che hanno purtroppo incoraggiato ondate di flussi migratori incontrollabili. Una vera e propria invasione di bisognosi che affronta faticosi viaggi, lunghi a volte settimane e che affida al mare le proprie vite e i propri sogni. Arrivano dalla Siria, Somalia, Eritrea, scappano da paesi disastrati, da conflitti etno-religiosi, da califfati di stampo terroristico e dalla povertà.
Da dove arrivano i barconi?
Vengono soccorsi a 30/40 miglia dalla Libia, paese che dopo la caduta del Colonnello Gheddafi avvenuta quattro anni fa, è terreno di scontri di fazioni estremiste che si contendono il potere. Libia vittima di profonda instabilità dove il caos regna sovrano e dove manca una compagine governativa affidabile. L’assenza di interlocutori e la mancanza di controllo del territorio contribuiscono a complicare un quadro geopolitico già complesso e costituiscono un vero richiamo a fuggire. La Libia è la porta verso l’Europa e intervenire su quel territorio è la condizione primaria per intraprendere qualsiasi altra operazione. Se non si capisce questo non si va da nessuna parte. Il traffico di migranti vale più di quello del petrolio ormai, le nuove schiavitù sono oggetto di interesse di mafie locali e di potenti organizzazioni criminali internazionali che lucrano e sfruttano a suon di dollari sulle speranze dei migranti.
L’Italia è in prima linea nella gestione accoglienza
Il nostro paese da troppo tempo soccorre e salva migliaia di disperati in un mare che l’Unione Europea riconosce come comunitario a seconda delle occasioni.
l’Italia sta portando avanti uno sforzo stratosferico nel gestire questi flussi migratori, spese per il pattugliamento delle coste, per i voli interni (spostamento dei profughi verso altre località) e il mantenimento degli stessi. Un paese come il nostro in cui parte della popolazione e’ costretta a vivere sotto la soglia della povertà, non si può più permettere tutto questo. Che senso ha avere avuto il supporto di navi di altri paesi europei se servono solo a recuperare migranti che verranno poi parcheggiati nei porti italiani? Paesi come l’Inghilterra hanno ribadito il loro appoggio nelle operazioni di soccorso, ma all’accoglienza non ci pensano proprio. Noi invece li accogliamo tutti e anche male.
Come giudica il nostro sistema di accoglienza?
Un sistema inesistente, privo di risorse, privo di un progetto concreto, privo di appoggi europei. Dai primi mesi del 2015 sono arrivati 54.000 migranti (che si aggiungono ai circa 170.000 del 2014) e non sappiamo più come gestirli e dove collocarli. Il Presidente del Consiglio ci informa di avere un “piano b” nel caso l’Europa non si facesse carico dei richiedenti asilo politico, intanto però li accogliamo in condizioni pessime, gli permettiamo di fuggire facendo finta di non accorgercene. Non siamo in grado di affrontare tali costi, non abbiamo risorse per nessuno ormai. Perché il governo invece di inventarsi soluzioni inesistenti non prende iniziative serie e concrete? In più poi iniziano ad emergere sentimenti di intolleranza e diffidenza dei nostri connazionali nei confronti dei migranti, stanno riaffiorando antiche paure sopite da tempo.
Paure che stanno trasformando l’Italia in un paese razzista?
Gli Italiani sono stati e sono ancora un popolo di emigranti, però iniziano a mostrare segnali di insofferenza al continuo arrivo di clandestini e iniziano a serpeggiare paure di atti violenti, del diffondersi della microcriminalità, dell’aumento dello spaccio di droga, di epidemie, di malattie come aids, scabbia e ebola. Si sta facendo strada un principio secondo il quale non ci si può accollare tutte le problematiche del terzo mondo, non possiamo accoglierli tutti e si rischia anche di cambiare il volto del vecchio continente. È una guerra tra poveri purtroppo che genera paura e insicurezza nei confronti di questi disperati.
Ma l’Europa dov’è?
L’Europa quando vuole far sentire la sua voce lo fa chiaramente e lo fa subito. La verità è che latita spudoratamente nella condivisione del problema, il Mediterraneo sembra appartenere solo al nostro paese. Chi approda da noi lo fa solo per raggiungere il Nord Europa, Francia, Olanda, Germania sono le mete finali di questi viaggi, ma la questione è proprio la non volontà di alcuni paesi a volere condividere le quote dei richiedenti asilo. Non li vogliono e l’esempio più lampante è la scogliera di Ventimiglia a confine con la Francia dove molti di questi disperati aspettano di varcare il territorio francese.
Cosa dovrebbe fare il governo secondo lei?
Il governo italiano deve pretendere delle risposte immediate da Bruxelles, la questione dell’immigrazione deve divenire una priorità politica nell’agenda europea, il contributo dei paesi membri non deve essere su base volontaria, non solo fornire navi e aerei quindi, ma la piena condivisione della questione. Servono fondi europei, L’Europa non può richiedere politiche di rigore al paese ma essere latitante quando chiediamo un contributo alla soluzione di problemi concreti.
E’ necessario creare cooperazione tra i vari stati e imporre che i migranti vengano accolti nelle strutture di tutti i paesi dell’unione, il mantenimento deve essere suddiviso tra i vari paesi, non possiamo soccombere in nome di una solidarietà a senso unico. Una politica che preveda impiego di strumenti, uomini e leggi che contribuiscano ad una corretta regolazione dei flussi, individuando una pianificazione degli ingressi, operare magari un vero e proprio screening di coloro che chiedono asilo politico, non sappiamo nulla di chi sono e che intenzioni hanno.
Sta alludendo ad un problema di sicurezza?
Che non si tratti di una fuga di libici lo abbiamo compreso tutti e che il sistema accoglienza faccia acqua da tutte le parti è alla luce del sole. C’è in corso una guerra di ideologie e di culture, l’Occidente e i paesi musulmani moderati sono sotto tiro, gli ultimi fatti della Tunisia ce lo ricordano bene. Masse di uomini vengono regolarmente salvati e accolti in casa nostra, ma molti eludono le procedure di identificazione, chi si fa riconoscere lo fa sulla parola, nessuno di loro ha con sé documenti che ne attestino provenienza e generalità.
Chi può sostenere che all’interno di questi bisognosi non ci siano possibili infiltrazioni di cellule terroristiche? Che certezze abbiamo? Nessuna purtroppo, forse non abbiamo abbastanza paura come paese, o forse siamo consapevoli che la mancanza di fondi e risorse per la sicurezza non sono prioritarie, si sottovaluta il problema e come sempre poi sarà troppo tardi…
Ma allora quale sarebbe la soluzione?
Innanzi tutto non dipendere più dalle fasulle e ipocrite promesse di aiuto di Bruxelles, bisognerebbe avere il coraggio di prendere una posizione, anche scomoda ma portarla avanti. La tensione sociale è palpabile e la sensazione di vulnerabilità è comprensibile, peccato però che solo il governo non se ne sia accorto, perché non ha più una visione reale della società.
Bisognerebbe rinforzare con potenti blocchi navali le nostre acque territoriali, autorizzare direttive meno buoniste alle forze dell’ordine su tutto il territorio, espellendo gli elementi pericolosi per la sicurezza nazionale. Serve una grande dose di coraggio per fare tutto ciò, ma al governo non ci sono uomini coraggiosi aimè.