Editoriale di Gori Claudio
Day-After della devastazione nei comuni maggiormente colpiti, nella provincia di Venezia, da venti di circa 250-300 Km/h e tornado di dimensioni e intensità elevate e potenza raramente raggiunta in Italia: Cazzago di Pianiga, Dolo e Sambruson.
Abbiamo fatto un sopralluogo oggi pomeriggio in Dolo e Sambruson per toccare con mano quanto avvenuto, poiché essere sul luogo dei fatti è talvolta d’obbligo per percepire anche lo stato d’animo dei residenti, verificare l’efficienza dei soccorsi e primi interventi.
Dolo, località della Riviera del Brenta, ha manifestato dal primo impatto visivo tutta la potenza dell’uragano: un paesaggio terrificante che non lascia spazio alla immaginazione di quale forza della natura possa avere causato simili danni, feriti e un morto: una simile ondata di violenza atmosferica lascia chiunque pietrificato e impotente.
Tegole sbriciolate nell’aria, capitelli, statue di antiche ville sono volate a distanza considerevole, auto sollevate e alcune ritrovate semiaffondate nel canale con ruote all’aria; pali in acciaio piegati fino a toccare terra e alberi di dimensioni significative sradicati e abbattuti sul suolo o sui tetti adiacenti.
Ha colpito la compostezza e la forza di coloro che nel Dna hanno vissuto tutta la vita faticando, aiutando il prossimo senza che ne fosse reclamato tributo: il popolo Veneto del self-made-man che con la forza delle mani e il sudore della schiena ha conquistato ogni ruga del volto come una tacca di vittoria su sofferenza e sacrificio. Oggi abbiamo respirato tutte queste virtù in un soffio unico: anziani e giovani ragazzi all’opera, senza interruzione, per salvare quanto possibile e liberare strade e giardini da detriti o pericoli per la salute e l’incolumità altrui. La spontaneità dei volontari civili è ammirabile e l’apporto in questi momenti è ancora in corso. Appena giunti sul luogo, un ragazzo di circa 25 anni, magro dai capelli lunghi, pizzetto e in bicicletta, con un rastrello sulle spalle, si avvicina e ci chiede candidamente “Dove mi devo recare per dare il mio aiuto? Resto fino a che serve…”; l’abbiamo indirizzato nella strada di fronte a noi, lungo il canale: poco dopo lo abbiamo visto all’interno di un giardino mentre sudava e faticava per raccogliere mattoni e rami che ostruivano e aggredivano l’ambiente da bonificare.
I più anziani ci raccontavano che danni simili li avevano visti solo in guerra dopo i bombardamenti, mentre altri credevano che solo il cinematografo potesse creare scenografie desolanti e con l’ausilio di strumenti tecnologici o di ritocco grafico: a Sambruson, come a Dolo e Cazzago, nulla era ritoccato graficamente e molti hanno temuto per le loro vite.
Sull’altro lato del canale, un agghiacciante vuoto lascia posto a macerie di storico ricordo e valore; un cielo limpido, come nulla fosse accaduto, occupa abusivamente il paesaggio: Villa Fini è stata spazzata via, attraversata nel cuore dell’edificio dal tornado, solcata e frantumata mentre, per pura coincidenza, nessuno era presente all’interno. Siamo entrati del giardino di Villa Fini dove rimangono le sole macerie a testimoniare che qualcosa c’era: mattoni accavallati, tetti inesistenti, travi e pareti stese sull’erba come lenzuola, pesanti statue trovate a decine di metri e recinzione in ferro battuto completamente sradicata dalla base di cemento.
Le macerie di Villa Fini (del ‘700, nota come Villa Santorini-Toderini-Fini) costeggiano il canale Naviglio del Brenta; anche qui giovani ragazzi e ragazze che, senza perdere un solo attimo, si prodigavano per recuperare le poche cose che potessero essere utili: pochi libri estratti dai rovinacci, alcuni abiti rovinati ma recuperati tra la polvere e il campo retrostante: soprattutto recuperavano il coraggio di andare avanti. Li, con loro, abbiamo incontrato il proprietario di Villa Fini, il Dott. Antonio Piva: un uomo la cui dignità è d’esempio per coloro che intervenivano di propria iniziativa; trasmetteva una forza d’animo che riusciva a fare sopportare il dolore e lo sconforto affinchè si potesse passare oltre: scambiamo con il Dott. Piva alcune parole, le sue sono state precise e d’impatto emotivo che traspare anche in coloro che hanno subito un destino simile: “…tutto l’impegno ed il sudore di una vita intera, per realizzare un sogno, viverlo, ed ora ritrovarsi con nulla in mano se non i vestiti che ora indosso e la vita salva…”. Un uomo tutto d’un pezzo, che al cuore cede solo per un attimo e “…avanti, si deve andare avanti…”: un abbraccio solidale stretto con il Dott. Piva e sgombriamo il campo per non essere d’intralcio oltremodo.
Incontriamo famiglie che non hanno il tempo di soffrire o sprecare lacrime poiché qui “il sole magna le ore”: subito si deve intervenire, anche di persona e con le proprie forze. Abbiamo chiesto ad alcuni residenti, che hanno la casa inagibile, se le autorità sono intervenute o hanno dato cenno di interesse: tutti coloro che abbiamo intervistato hanno raccontato, con occhi lucidi, che i Vigili del Fuoco sono intervenuti da subito, le autorità rappresentati i comuni interessati si sono recate più volte sui luoghi e hanno parlato direttamente con i cittadini; Protezione Civile e Forze dell’Ordine sono instancabilmente attive e presenti. Una notizia confortevole poiché l’organizzazione per le emergenze è al lavoro e soprattutto ben coordinata. Vige per ora una disperazione silente che non tradisce l’orgoglio di generazioni di lavoratori che hanno tramandato ai propri figli e nipoti la nobiltà d’animo e l’intraprendenza per affrontare prima i problemi e poi pensare a se stessi.
Molte storie tristi e drammatiche giungono a noi, raccontate dai diretti interessati o da parenti demoralizzati ma presenti e attenti: una storia per tutte, quella di una signora vedova di 81 anni, con un figlio disabile che necessita di assistenza e che miracolosamente si sono salvati. Osservando la casa per metà spazzata via e il resto pericolante sembra un miracolo essere ancora vivi. Da vivi, ora dovranno sopravvivere.
Ci spostiamo nella frazione di Sambruson, poco all’interno rispetto a Dolo ed al canale Naviglio del Brenta, ma lo scenario è altrettanto devastato: case semidistrutte, enormi alberi sradicati, scomparso un container che era nel piazzale di un giardino di una abitazione (probabilmente sollevato dalla furia del tornado e lanciato altrove); mezzi di soccorso all’opera e molti, moltissimi giovani che affrontano l’emergenza da volontari, dando supporto manuale per lo sgombero di detriti e macerie sebbene alcuni fossero dotati di sole ciabatte.
A breve toccherà la conta effettiva dei danni e soprattutto l’intervento immediato dello Stato e della Regione del Veneto per primi aiuti concreti. Questo pomeriggio a Dolo è giunto anche il Governatore della Regione del Veneto Luca Zaia, per prendere atto e coscienza diretta dei danni; Zaia ha annunciato che “è stata formalizzata la dichiarazione dello stato di crisi a seguito degli eccezionali fenomeni atmosferici che hanno colpito alcune aree del Veneto. La Giunta regionale, riunitasi in seduta straordinaria nel pomeriggio, ha valutato la situazione complessiva, decidendo un primo stanziamento di 6 milioni di euro – 3 immediatamente disponibili e 3 reperiti con variazione di bilancio – per far fronte agli interventi di massima urgenza e ai primi aiuti alla popolazione colpita…”; inoltre “Nella giornata di oggi, dopo la telefonata a Zaia del Presidente del Consiglio Matteo Renzi, anche il Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina ha contattato i vertici della Regione, dichiarandosi pronto a collaborare in tutti i modi e nei tempi possibili.”.
La nostra redazione sarà attiva e seguirà l’evolversi della situazione: per qualsiasi comunicazione o per inviare video, foto o ulteriori testimonianze, è possibile scrivere a redazione@irog.it