Il discorso del Sindaco di Padova, Sergio Giordani:
“Saluto le autorità civili, religiose e militari, qui presenti e il presidente del Comitato Provinciale di Padova dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, Giovanni Battista Zannoni
Ricordiamo qui oggi una pagina buia della nostra storia recente, purtroppo in passato svilita e ignorata e svilita.
Parlo delle vicende che coinvolsero i nostro connazionali che vivevano tra Gorizia e Trieste, in Istria e Dalmazia e che con aspetti diversi durarono quasi 15 anni.
Tra l’autunno del 1943 e la firma del trattato di pace di Parigi il 10 febbraio 1947 tra le 6 mila e le 9 mila persone,- gli storici non hanno ancora una stima condivisa- furono trucidate e gettate, talvolta ancora vive nelle foibe.
Erano accusati di aver collaborato con i nazifascisti, ma spesso la loro colpa era solo quella di essere italiani, e magari di avere dei beni, case o terreni, di cui entrare in possesso con la loro eliminazione.
Ma neppure dopo il febbraio del 47 gli italiani che vivevano lì da generazioni trovarono la pace perché il governo jugoslavo mise in atto una vera e propria pulizia etnica che portò all’esodo forzato di quasi 350 mila persone che persero praticamente tutti i loro averi
Donne uomini e bambini che in quelle terre erano nati e che mai avrebbero pensato di dover abbandonare in fretta e furia la loro terra natale portando con loro solo poche cose.
Oggi una vaga idea di cosa fu quell’esodo la abbiamo dalle foto d’epoca e dalle povere masserizie abbandonate dai profughi nella loro disperato esodo lungo l‘Italia e custodite oggi nel Magazzino 26 – fino al 2022 nel magazzino 18- del Porto Vecchio di Trieste.
Un luogo che noi tutti, ma soprattutto i giovani, faremmo bene a visitare almeno una volta.
Ci sono voluti anni di impegno tenacia da parte prima degli stessi esuli e poi dei loro figli e nipoti perché non solo gli storici ma anche l’opinione pubblica prendesse coscienza di quelle vicende
E oggi in un momento storico nel quale si parla con leggerezza e superficialità di spostare milioni di persone da un luogo all’altro, come se si trattasse di mandrie di animali, abbiamo il dovere non solo di ricordare le vittime delle foibe e la tragedia degli esuli, ma di tenere alta l’attenzione sui diritti umani, sul rispetto delle minoranze e delle identità storiche e culturali delle popolazioni senza cadere nella trappola del nazionalismo che troppo spesso è sbandierato per ben altre ragioni.
Dobbiamo guardare avanti e oggi abbiamo, proprio in queste terre che furono così terribilmente martoriate, un esempio e un indirizzo per il futuro.
Proprio in questi giorni sono partite tutte le iniziative di Gorizia e Nova Goriza capitali europee della cultura 2025. Eventi culturali, mostre ma anche spettacoli che aprono lo sguardo sulla ricchezza delle nostre comuni culture europee.
E’ un forte scelta simbolica, in una città che fino al 2004 era ancora attraversata dal confine, un muretto di calcestruzzo sormontato da una ringhiera chiamato il Muro di Gorizia eretto dalle truppe yugoslave nel 1947
Il messaggio è chiaro: non dobbiamo costruire muri, casomai abbatterli, dobbiamo semmai costruire relazioni e in questo caso ricostruire per quanto possibile una memoria condivisa di quanto accaduto e una convivenza serena nel futuro.
Libertà, tolleranza, rispetto, dialogo, tra le persone così come tra i popoli sono i valori fondamentali che dobbiamo custodire e preservare per il futuro, perché tragedie come quelle vissute dagli italiani della Venezia Giulia dell’Istria e della Dalmazia, non accadano mai più.
Grazie a tutti voi per essere qui oggi a confermarlo”