Ing. Cetera, durante il suo incarico nel CdA di Interporto Padova ha sempre sottolineato con forza l’urgenza di aggiungere un nuovo binario accanto all’attuale ‘binarietto’ – un termine da lei spesso usato. Oggi, di fronte a una situazione che sembra minacciare seriamente la sicurezza, ritiene che questa mancanza possa trasformarsi in un rischio concreto e irresponsabile?
Certamente. Leggo che due autorevoli esperti di ponti e infrastrutture ferroviarie confermano la situazione di potenziale rischio che interessa le strutture dei ponti e viadotti a sostegno dell’unico ‘binarietto’ – sul quale transitano ben 8.000 treni all’anno – ormai in uno stato di eccezionale degrado.
Questa criticità da unico collegamento è nota da almeno un decennio ai principali amministratori dell’Interporto ed è stata da me denunciata più volte, sia durante il mio incarico nel CdA della società, sia attraverso interventi sui giornali e sui social. Oggi, mi sento di affermare che siamo anche di fronte a un concreto pericolo di cedimenti, se non addirittura a un potenziale crollo improvviso, ad esempio nella eventualità di un piccolo sisma.
Il rischio, quindi, non riguarda soltanto la possibile interruzione dell’unica via ferroviaria di accesso all’Interporto, ma anche la sicurezza dei cittadini che quotidianamente transitano sotto i ponti della linea ferroviaria, come nel caso della Vigonovese, lasciati senza intervento manutentivo. La situazione richiede un’azione urgente e decisiva.
Difficilmente mi impressiono, sia le due interviste rilasciate al Mattino di Padova sia le foto da lei pubblicate preoccupano se pensiamo anche al “Ponte Morandi“
Il Prof. Bonafede, esperto di ponti, e l’Ing. De Stavola, tra i più importanti progettisti ferroviari e viari d’Italia, hanno recentemente ribadito, in interviste rilasciate a Daniela Gregnanin de Il Mattino di Padova, la necessità del raddoppio dell’unico binario di collegamento e l’urgenza di avviare una seria manutenzione sui manufatti esistenti. Per approfondire la situazione, ho personalmente verificato lo stato delle strutture, fotografando impalcati, appoggi e muri: il risultato è stato decisamente allarmante, alla luce della mia lunga esperienza nella progettazione e realizzazione di ponti.
Le osservazioni sul campo mostrano travi in acciaio corrose con vaiolature, giunti compromessi da vistose infiltrazioni, appoggi SCAC ormai inutilizzabili e inefficaci a causa del degrado, e retrospalle dei canali caratterizzate da cavità e deficit di franco idraulico, con conseguente rischio strutturale e non solo.
Soprattutto in caso di un sisma, anche di lieve entità nella zona di Padova, il rischio di deformazione o crollo delle strutture diventa concreto, con conseguenze facilmente immaginabili. Gli impalcati, infatti, appaiono deboli e fragili, con un baricentro troppo alto sugli appoggi ormai inefficaci e privi di sistemi di contenimento laterale. La situazione richiede interventi tempestivi e risolutivi per garantire la sicurezza e la funzionalità delle infrastrutture.
Le risulta che la linea sia delle Ferrovie/RFI?
Certamente, ed è proprio così anche per quanto riguarda la responsabilità della manutenzione e del finanziamento degli interventi necessari. Tuttavia, l’interesse principale resta di Interporto S.p.A., dato che si tratta dell’unica via di uscita per gli 8.000 treni che transitano annualmente. Vale la pena ricordare che nulla ha mai impedito alla società, nell’ultimo decennio, di intervenire con lavori direttamente eseguiti, per poi recuperare dalle Ferrovie quanto anticipato.
Il sindaco di Padova Sergio Giordani, dapprima presidente di Interporto per otto anni e successivamente Sindaco per altri sette, ha firmato dal 2017, se non erro, quattro ‘accordi’ con i vertici di RFI e/o con il Ministro competente dell’epoca per la realizzazione delle opere necessarie all’Interporto a spese delle Ferrovie. Tali accordi sono stati ampiamente pubblicizzati sui giornali, ma puntualmente disattesi, ignorati o non rispettati.
Mi sento personalmente preso in giro per il trattamento di serie C riservato alla nostra città, che continua ad essere derisa anche per questioni cruciali come l’Alta Velocità e la nuova Stazione. Sono temi che, a quanto pare, non troveranno alcuna concreta soluzione nei prossimi dieci anni, come rivelato in modo clamoroso pochi giorni fa dall’assessore regionale De Berti.
Ma l’Interporto come può anticipare l’impegno economico? Sembra avere già 100 milioni di debiti in bilancio
Questo è il vero problema. E’ facile immaginare che le banche finanziatrici siano maggiormente interessate a recuperare i mutui concessi piuttosto che a fornire nuova liquidità. Tuttavia, la soluzione non può certo risiedere nella ricerca di un grande “partner” per Interporto, come indicato nel recente bando pubblicato. Un partner non è un nuovo socio che entra apportando capitale, ma offre principalmente la propria efficienza. E Interporto, con la sua struttura già altamente efficiente, ha dimostrato di non necessitare di supporto nella gestione operativa.
Il vero rischio è che, qualora si decidesse di affidarsi a uno dei due o tre grandi player mondiali del settore, sicuramente interessati come Aponte MSC o Maersk, magari in collaborazione con Ferrovie dello Stato, il destino della nostra società potrebbe essere segnato da un progressivo fagocitamento, data la sua attuale debolezza finanziaria.
Quindi?
Partiamo da un’osservazione fondamentale: la società Interporto svolge un doppio ruolo, portando avanti due attività distinte: quella interportuale terminalistica e quella logistica. Entrambe generano entrate annuali quasi equivalenti, pari a circa 16 milioni di euro ciascuna.
La mia proposta, che ho già avuto modo due anni fa di esplicare alla direzione di Interporto e un esperto internazionale del settore, è quella di abbandonare il ruolo di grande “società immobiliare” per concentrarsi esclusivamente sul proprio core business interportuale.
Come raggiungere questo obiettivo? Attraverso la vendita, tramite gara sul mercato, dei numerosi capannoni della sola logistica di proprietà di Interporto (oltre 350.000 mq), tutti già affittati e per la maggior parte recentemente rinnovati. Questa operazione potrebbe generare oltre 300 milioni di euro di ricavi, con una buona plusvalenza di bilancio. Questi fondi potrebbero essere destinati a estinguere i debiti con le banche, anticipare i lavori necessari per lo sviluppo ferroviario e, eventualmente, restituire una parte dei finanziamenti ai soci, pro-quota.
Inoltre, Interporto potrebbe dimostrare, come già evidente, di possedere la competenza e le risorse necessarie per continuare a gestire gli affitti e la manutenzione dei capannoni. Pertanto, il bando di gara potrebbe prevedere come clausola il mantenimento della gestione immobiliare in capo a interporto e alla sua dirigenza, senza alcuna perdita di posti di lavoro e con una interessante remunerazione.
In sintesi, propongo di vendere l’intera sezione logistica dei capannoni, mantenendone però la gestione. Questa strategia consentirebbe di sfruttare il momento favorevole del mercato, caratterizzato da tassi di interesse in calo, per ottenere importanti plusvalenze. Interporto, liberata dal peso dei debiti, potrebbe così tornare a concentrarsi sulla sua missione principale: lo sviluppo delle attività interportuali e l’espansione dei collegamenti ferroviari. Questo permetterebbe di competere in modo ancora più efficace con i grandi interporti rivali, consolidando il proprio ruolo strategico nel settore.
Intervista di: Claudio Gori