Editoriale di Claudio Gori
La stazione ferroviaria di Padova, crocevia pulsante di una città viva e dinamica, rivela al calar della sera una realtà che troppo spesso scegliamo di ignorare ma che riaffiora al mattino. Sotto le luci fredde e impersonali dei lampioni, alcuni senzatetto trovano rifugio tra marciapiede e spazi esposti al gelo. Sono esseri umani che, tra mille difficoltà, cercano riparo in un luogo che offre protezione minima, ma rappresenta comunque una speranza che spesso viene spezzata dalla cecità di chi egoisticamente non vuole vedere neanche a pochi giorni dal Natale.
In questa situazione, c’è un paradosso che umanamente mi interroga. Da un lato, la stazione offre una possibilità concreta: un tetto, seppur precario, che ripara dal gelo, pioggia e neve. È un punto d’incontro per le associazioni di volontariato, che qui talvolta distribuiscono pasti caldi e coperte, tendendo una mano a chi vive ai margini. La presenza dei senzatetto alla stazione rende visibile una realtà altrimenti nascosta, richiamando l’attenzione su un problema che merita risposte collettive e strutturali. Comprese le risposte dovute dall’Amministrazione comunale e non solo.
Queste storie di sopravvivenza e solidarietà sottolineano l’importanza del ruolo della società civile. Sono molte le organizzazioni che si impegnano con dedizione a portare un sorriso o un gesto concreto a chi si trova in difficoltà. È un segnale di quanto l’umanità possa ancora risplendere, anche nei momenti più bui. Ma le associazioni sono spinte da sentimenti e valori che sono soggettivi e vanno apprezzati, manca dall’altro lato una presenza pubblica che provveda ad accogliere o mettere a disposizioni spazi pubblici ed al caldo coloro che vivono in simile indigenza e invisibilità. Una invisibilità che sembra rendere molti cittadini più gelidi del gelo al quale sono esposti i senza tetto.
Tuttavia, non possiamo ignorare gli aspetti negativi di questa situazione. La stazione, per quanto simbolica, non è il luogo adatto per vivere. Le notti al freddo mettono a rischio la salute e la dignità di chi è costretto a dormire su cartoni e vecchie coperte. I passanti, spesso di fretta o distratti, guardano queste persone con indifferenza o disagio, contribuendo a un clima di isolamento sociale che perpetua l’emarginazione. Spesso li ignorano, come appartenenti ad una realtà extraterrestre e per la quale è bene chiamare la Polizia Municipale che comunque nulla può. Ma dall’altro lato della piazza le auto possono parcheggiare nei parcheggi destinati ai motocicli ma questa è un’altra storia.
Inoltre, il degrado percepito da alcuni cittadini può generare tensioni e richieste di soluzioni drastiche, che rischiano di spostare il problema invece di affrontarlo alla radice. La questione non è solo di decoro urbano, ma di giustizia sociale. Chi vive alla stazione non è un “problema” da rimuovere, ma una persona con una storia, un passato, e, si spera, un futuro.
La stazione di Padova rappresenta quindi uno specchio della nostra società: un luogo di passaggio che riflette non solo il dinamismo cittadino, ma anche le disuguaglianze che lo attraversano. È fondamentale che istituzioni, cittadini e associazioni continuino a lavorare insieme per offrire alternative reali a chi si trova in difficoltà.
Servono politiche abitative più inclusive, programmi di reinserimento sociale e una maggiore sensibilizzazione. Non esiste il solo problema di abitazione per universitari. Esistono famiglie che vivono in automobile, esistono i senza tetto della stazione, esistono ma sembrano invisibili per molte Istituzioni e e per la politica che tale sembra sempre meno nel suo più acuto valore sociale. Allo stesso tempo, non dobbiamo sottovalutare il potenziale della solidarietà individuale: un sorriso, una parola gentile o una piccola donazione possono fare la differenza per chi lotta contro il freddo e l’indifferenza. Eppure mancano appena quattro giorni al Natale.
In una città che ambisce a essere accogliente e innovativa, nessuno dovrebbe essere lasciato fuori al freddo. La sfida non è solo risolvere l’emergenza, ma costruire una comunità in cui tutti possano trovare il loro posto, con dignità e speranza.
Non mi accontento delle dichiarazioni di un sindaco, nel caso di Padova di Sergio Giordani, secondo cui «Stiamo facendo un sacco di cose per Padova» e poi “Dopo il Covid ci sono arrivati 648 milioni di euro da spendere per i progetti del Pnrr, e li spenderemo. Padova è una città serena, e ha bisogno di ancor più tranquillità.” Quando centinaia di milioni doneranno a Padova delle carrozze d’un tram su mono rotaia ebbene ci saranno, per alcuni, motivi di maggiore felicità mentre altri geleranno e elemosineranno un tozzo di pane nell’indifferenza della crudele e non apparente insensibilità.
Buon Natale.