Persone con disabilità che non trovano posto in una struttura sociosanitaria accreditata adatta a loro, e devono rimanere a casa. Uomini e donne con problemi di salute mentale esclusi dal centro diurno di cui avrebbero bisogno per stare meglio. Uomini e (soprattutto) donne in Veneto che devono rinunciare al posto di lavoro, o stravolgere la routine famigliare, per prendersi cura del loro figlio, fratello, parente fragile, perché i servizi sociosanitari non lo fanno più. Strutture sociosanitarie attive da anni in Veneto che vedono a rischio il loro futuro: chiusura, riduzione dei servizi, riduzione del personale?
Sono gli scenari a cui guardano con preoccupazione Anffas Veneto, Uneba Veneto, Confcooperative Federsolidarietà Veneto, principali organizzazioni che rappresentano il Terzo Settore in Veneto: una delle cause della preoccupazione è il mancato o ritardato intervento di Regione e Comuni nello stanziare risorse sufficienti per i servizi alle persone fragili. Lo hanno spiegato nella conferenza stampa di questa mattina a Padova.
Sarà un Natale di preoccupazione, in particolare, per chi svolge e chi beneficia dei servizi per disabilità, salute mentale, minori in difficoltà. Solo negli ambiti della Disabilità e della Salute Mentale, i servizi coinvolgono circa 14.200 persone e famiglie in Veneto. E sono erogati da oltre 16.000 addetti, attraverso servizi accreditati dalle Ulss e finanziati dalla Regione e dai Comuni.
Dopo un lungo confronto, negli scorsi mesi tra la Regione Veneto e le Organizzazioni di rappresentanza del Terzo Settore tra cui Anffas Veneto, Uneba Veneto e Confcooperative Federsolidarietà Veneto, la Regione ha provveduto all’aggiornamento della parte sanitaria delle rette dei servizi istituzionalmente accreditati (in particolare per gli ambiti della disabilità, salute mentale, minori e dipendenze), definendo incrementi insufficienti però a coprire gli aumenti di costo legati ai rinnovi, siglati o in arrivo, dei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL) di categoria e alle altre spese derivanti dall’inflazione degli ultimi anni.
La situazione di grave criticità e preoccupazione peraltro è dovuta anche al fatto che a seguito dei suddetti provvedimenti della Regione le associazioni stanno riscontrando forti difficoltà anche ad ottenere gli incrementi proporzionali sulla parte della retta rappresentata dalle quote sociali a carico dei Comuni. Gli incrementi proposti dalla Regione alla quota sanitaria, cioè la parte a suo carico della retta, per i servizi per la disabilità e la salute mentale, è tra il 5% e il 10% in tre anni: pari solo a a un terzo degli aumenti dei costi per gli enti. I restanti due terzi di aumenti diventerebbero quindi a carico degli enti, un peso insostenibile. Addirittura, per i centri diurni per la salute mentale, i servizi comunali all’infanzia ed altri casi, la Regione prevede aumento zero delle risorse messe a disposizione. A rischio quindi c’è la tenuta dell’intero comparto sociosanitario e sociale accreditato, che ha finora garantito in Veneto la maggior parte dei servizi di cura e assistenza offerti alle persone più fragili.
Anffas Veneto, Uneba Veneto e Confcooperative Federsolidarietà Veneto hanno annunciato che nei primi mesi del 2025 si realizzeranno delle iniziative che potranno coinvolgere anche le famiglie degli utenti di questi servizi, per ribadire la forte preoccupazione e il concreto rischio di dover interrompere i servizi, a causa delle insufficienti risorse regionali e comunali.
Alla conferenza stampa sono intervenuti:Roberto Baldo – Presidente Confcooperative Federsolidarietà Veneto
Davide Schiavon – Delegato Anffas Veneto
Francesco Facci – Presidente Uneba Veneto