Editoriale di Gori Claudio del 06/11/2024
L’elezione di Donald Trump come 47º presidente degli Stati Uniti rappresenta un punto di svolta nel panorama politico americano e un ritorno a un messaggio nazionalista e conservatore. Trump ha sfruttato strategie digitali innovative per galvanizzare il sostegno, in particolare tra i giovani maschi, attraverso influencer di spicco e una presenza costante su podcast e piattaforme di streaming. Inoltre, l’endorsement di Elon Musk e figure popolari come Jake Paul hanno consolidato il consenso, confermando l’importanza della comunicazione non convenzionale in questa campagna.
In contrasto, Kamala Harris ha adottato una strategia mirata a gruppi sociali come donne e minoranze, rafforzando l’appoggio dei progressisti. La sua comunicazione ha puntato su temi sociali come i diritti delle donne, rispondendo alla polarizzazione del dibattito, soprattutto riguardo al diritto all’aborto, una questione che ha smosso sensibilmente l’elettorato femminile.
In questo scontro tra visioni e stili comunicativi radicalmente diversi, la campagna ha messo in evidenza la trasformazione della politica americana in un’arena fortemente influenzata dalle nuove tecnologie e dalle dinamiche dei social media, accentuando il ruolo delle emozioni e dell’appartenenza ideologica nella politica contemporanea.
Nelle ultime settimane il sentimento pubblico è stato pervaso da una combinazione di incertezza e tensione, accentuata dalla polarizzazione tra sostenitori di Trump e Harris. Nonostante lo spiegamento di forze artistico-intellettuali da un lato e imprenditoriali dall’altro, l’elettorato ha mostrato costanti preoccupazioni su temi come l’economia, la sicurezza, e l’integrità elettorale. A differenza delle elezioni precedenti, i votanti di entrambe le parti hanno espresso emozioni complesse piuttosto che un’ampia fiducia verso un candidato vincente. Fino alla settimana scorsa meno di un quinto degli elettori si dichiarava sicuro di una vittoria chiara per uno dei due contendenti, un dato riflettente il clima di forte competizione.
Un sentimento di disillusione è emerso, con molti elettori che si aspettavano una sfida intensa, seguita da richieste per un rispetto reciproco dei risultati. Harris ha tentato di mantenere un approccio costruttivo, mentre Trump ha continuato con una strategia polarizzante, generando dibattito sul rispetto dei risultati e l’accettazione della sconfitta, un tema cruciale per l’elettorato. Poi l’attentato che ha rilanciato l’orgoglio del coraggio americano, con una forza d’animo e di riscatto sulla morte che ha rilanciato mediaticamente e adrenalinicamente la campagna politica.
Il mondo ha atteso il 47esimo/a Presidente degli Stati Uniti d’America, giornalisti e esperti di varia natura hanno espresso molte loro preoccupazioni sulla eventuale perdita o vittoria di ciascuno dei due candidati: eppure, sebbene quasi tutti tendessero a indiretti e velati endorsement verso una parte piuttosto che all’altra ed alla pari mediaticità ebbene il risultato di queste elezioni identificano Trump in un potenziale salvatore della patria e dell’economia.
L’America non era ancora pronta ad una Presidente donna, Kamala Harris, soprattutto quale sostituta di del Presidente uscente Biden che molto ha fatto per aumentare l’audience di alcuni programmi ironici e satirici. Probabilmente, dopo Trump sarà il vero momento per una donna Presidente ed a patto che gli americani la vogliano davvero. Nel frattempo Trump tornerà alla Casa Bianca, grazie a 277 grandi elettori che non hanno ignorato la “cacciata” di Biden e l’improvvisa spinta per Harris quale unica sostituta “sotto mano”.
Molti quotidiani nazionali e internazionale dovranno rimangiarsi buona parte dei messaggi a favore della Harris, quasi per spingere ulteriormente la sua candidatura e dimenticando che l’influenza del voto americano può avvenire solo dagli Stati Uniti d’America e non da messaggi mediatici esterni. L’America si fida di se stessa, influenza spesso ma non ama essere influenzata.
Vedremo quale sarà l’atteggiamento reale degli Stati Uniti con Trump, certamente non in tutto e per tutto quanto da proclamato durante la sua campagna elettorale. “I AM YOUR VOICE. AMERICA FIRST!“, Slogan suoi a parte, in un momento storico belligerante, di crisi economica e oltraggio ambientale non avrà tempo per molti “dreams”.