Uomo “d’una volta”, tutto d’un pezzo e orgoglioso come un sardo sa esserlo. Lo ha dimostrato quel 7 giugno dell’84 a Padova durante l’ultimo appassionato comizio elettorale in Piazza della Frutta, per le elezioni europee: lo colpì a tradimento un ictus e poco dopo, in albergo, entrò in coma. Riuscì a terminare il suo discorso nonostante fosse evidente la difficoltà a proseguire. Nonostante la complicazione, Egli non chiese nulla, non un cenno a supporto se non l’uso di un suo fazzoletto bianco per tamponare la bocca e proseguire con dignità il pensiero e rendere onore alla piazza, accorsa per l’occasione.
Un sorso d’acqua, brevi interventi, intervallati da piccole pause: Berlinguer, Segretario Generale del P.C.I. (Partito Comunista Italiano), morì l’11 giugno alle ore 12:15 in ospedale a Padova.
Nacque a Sassari il 25 maggio 1922, aderì al P.C.I. nel 1943 assumendo a breve la segreteria della federazione giovanile; il 7 gennaio 1944 venne arrestato poiché ritenuto fomentatore dei “moti del pane”: gli costò quattro mesi di carcere.
Definito timido e introverso dai suoi amici di gioventù, non seguì il fratello Giovanni e il papà Mario nella gestione del clandestino Avanti Sardegna: la virtù e l’orgoglio orientati ad un impegno personale lo portarono a seguire le riunioni clandestine nella periferia sassarese, per la fondazione del partito comunista. In giugno del ’44 papà Mario lo presentò a Togliatti e iniziò la sua avventura passionale con fedeltà al comunismo in qualità di funzionario del P.C.I., nel movimento giovanile a Roma e successivamente a Milano nel Fronte della Gioventù fondata dal triestino Eugenio Curiel (laureato a Padova presso la facoltà di fisica, qui docente universitario, medaglia d’oro alla memoria nel 1946).
Assunse la presidenza della Federazione mondiale della gioventù democratica dal 1950 al 1952, confezionando sempre più esperienze internazionali che lo forgiarono politicamente, mantenendo sempre una linea di ispirazione togliattiana. Nel 1957 venne nominato vice segretario regionale in Sardegna.
Strano il destino che accomunò Enrico Berlinguer e Luigi Longo (detto Gallo, auto definitosi “un segretario e non un capo”): Longo fu colpito da ictus nel 1968 e Berlinguer ne divenne successore nel 1972, dopo circa tre anni nel ruolo di vice segretario e mancato per la stessa causa.
La sinistra di oggi, i moderni comunisti vivono un capitolo nuovo. Lo testimonia Alfredo Reichlin, ex direttore dell’Unità e collaboratore di Berlinguer, in una intervista “…La storia di Berlinguer e della sua epoca è una storia conclusa. Siamo entrati in un’epoca completamente diversa. Lo vedo con i miei nipoti: mi rispettano, mi amano ma non capiscono cosa c’è stato“.
Walter Veltroni ha presentato in anteprima in auditorium a Roma, serata di Gran Galà, il suo documentario uscito il 27 marzo 2014 dal titolo “Quando c’era Berlinguer”; Alfredo Reichlin, in una intervista, dichiarò di essere rimasto “…molto colpito perché lì c’era tutta Roma: dai fascisti ai grandi imprenditori. Vedere questa gente colpita ed emozionata, quasi piangente […] dimostra che c’è un enorme bisogno di altro.“.
L’11 giugno 1984, ultimo giorno di vita di Enrico in ospedale, il Presidente della Repubblica Sandro Pertini, era a Padova per motivi di Stato ed ebbe appena il tempo di visitarlo: dopo alcune ore Enrico morì. Il Presidente volle fortemente trasportare la salma con l’aereo presidenziale quale forma di alto rispetto e riconoscimento; Pertini disse con emozione “Lo porto via come un amico fraterno, come un figlio, come un compagno di lotta“.
13 giugno 1984: al suo funerale parteciparono italiani anche non comunisti, una folla immensa di giovani e meno giovani; in un documentario di Bernardo Bertolucci, un ragazzo rende chiaro lo spirito che induceva Berlinguer a essere il riferimento di partito come politico e come uomo: alla domanda “Che rapporto aveva con i ragazzi?”, il giovane rispose “…era sempre chiaro, preciso; mai una volta che facesse un discorso contorto…”. Chiarezza e trasparenza oggi valore quasi ultraterreno nella politica italiana. Roberto Benigni lo definì “…una ceramica sassarese […] un vetro di murano di Alghero…”.
Sorprendente e inimmaginabile fu la visita, in segno di rispetto e onore reciproco che li legava, di Giorgio Almirante, segretario del Movimento Sociale Italiano, che si fermò davanti alla bara e con capo chino e assorto nel silenzio fece il segno della croce. Almirante, recatosi presso la sede di Botteghe Oscure, venne ricevuto da Nilde Jotti e Giancarlo Pajetta; all’uscita egli dichiarerà al microfono “Non sono venuto per farmi pubblicità, ma per salutare un uomo estremamente onesto“. Uomini d’altri tempi, un gesto di estrema cortesia.
Al funerale parteciparono circa un milione di cittadini: Pertini si chinò e baciò la bara.
Berlinguer è sepolto a Roma, nel cimitero di Prima Porta.