I Carabinieri del NIL (Nucleo Ispettorato del Lavoro) di Venezia, unitamente ai colleghi del NIL di Padova e della Compagnia di Piove di Sacco (PD), hanno dato esecuzione a due misure cautelari personali dell’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria – emesse dal G.I.P. del Tribunale di Padova su richiesta della locale Procura della Repubblica – nei confronti di 2 titolari azienda, di nazionalità cinese, residenti a Brugine (PD), ritenuti responsabili di associazione per delinquere (con altri due connazionali – caporali) finalizzata all’“intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro” (cd. “caporalato” – ai sensi artt. 110 e 603 bis c.p.) – fattispecie commessa anche con violazione dei contratti nazionali e delle norme sulla sicurezza del lavoro – e all’impiego di manodopera clandestina (ai sensi dell’art. 22 comma 12 D.Lgs. 286/98).
L’indagine, sviluppata nell’arco temporale dal gennaio 2022 al luglio 2024 a cura dei Carabinieri del NIL di Venezia, è stata condotta avvalendosi di diversi contributi investigativi, frutto delle attività di tipo tecnico e dinamico, riscontrate anche dalle dichiarazioni rese proprio dai lavoratori-parti offese. L’intera operazione, denominata “TROUSERS”, si è articolata attraverso servizi di osservazione, controllo e pedinamento, acquisizione di documenti attestanti le prestazioni lavorative effettivamente svolte e risultate totalmente difformi da quanto desumibile dalla documentazione amministrativa della ditta coinvolta operante in Brugine (PD) nel settore manifatturiero e dalle dichiarazioni dei lavoratori coinvolti.
In particolare, l’attività ha consentito di acquisire gravi indizi di colpevolezza a carico dei destinatari della misura, e di altri due “caporali”, posti in essere in maniera continuativa durante tutto il periodo delle indagini, persistendo nelle condotte delittuose, attuate con modalità organizzate e quindi assai allarmanti, in quanto i 4 soggetti disponevano quotidianamente di stranieri impiegati in maniera irregolare. A tal fine, costituivano un apparato organizzativo attraverso il quale avevano reclutato 25 stranieri (Pakistani, Bangladesi e Cinesi), cinque dei quali clandestini sul territorio nazionale, molti di loro “in nero”, impiegandoli con mansioni di operai tessili in condizioni di lavoro degradanti, pericolose e sotto-retribuite, anche alloggiandoli in abitazioni fatiscenti.
Nel corso delle indagini veniva accertata:
1. la reiterata corresponsione di retribuzioni pari a € 5 l’ora (o anche inferiori, in alcune circostanze con lavoro retribuito a cottimo) in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali degli operai tessili;
2. la reiterata violazione della normativa relativa all’orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale ed alle ferie in quanto i lavoratori venivano impiegati anche per 12-13-14 ore giornaliere;
3. la sussistenza di numerose violazioni di norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro.;
4. la situazione alloggiativa degradante in quanto i lavoratori alloggiavano in due immobili in pessime condizioni igienico-sanitarie, quale condizione per instaurare e mantenere in essere il rapporto di lavoro.
Le indagini consentivano di accertare il grave stato di bisogno dei lavoratori impiegati, che li ha indotti ad accettare qualsiasi condizione lavorativa che potesse consentire loro una prospettiva di guadagno, anche per supportare le famiglie nei rispettivi Paesi d’origine. Condizioni di lavoro, quelle appena descritte, chiaramente possibili soltanto in ragione della particolare situazione in cui versano i lavoratori extracomunitari, i quali si trovano in stato di temporanea accoglienza in un paese straniero e non hanno generalmente altro mezzo, né materiale né culturale, per guadagnare viveri da destinare ai propri bisogni e a quelli dei loro cari, spesso rimasti nelle terre di origine in attesa di ricevere i proventi di chi si è spinto a lasciare il proprio paese nella speranza di trovare una situazione lavorativa ed economica, per uscire dalla propria condizione di povertà.
All’esito delle complesse indagini, i carabinieri del NIL di Venezia comunicavano alla Procura della Repubblica di Padova gli elementi di reato a suffragio dei gravi indizi di colpevolezza raccolti a carico degli indagati, ritenuti determinanti per il GIP che ha ravvisato un “quadro indiziario gravissimo che converge univocamente” a carico dei 4 soggetti, quali autori del reato cd. “caporalato” e di impiego di manodopera clandestina e delle violazioni dei contratti nazionali e delle norme sulla sicurezza del lavoro. La sussistenza, infine, di un “concreto ed attuale pericolo di reiterazione del reato”, dovuta all’alta probabilità che potessero commettere ulteriori delitti della stessa specie, unito al “concreto e attuale pericolo che gli indagati si dessero alla fuga lasciando il territorio nazionale”, sono stati gli elementi alla base della richiesta dell’AG inquirente che è stata pienamente accolta dal Tribunale e a cui ha fatto seguito la fase finale ed esecutiva delle indagini ad opera dei Carabinieri.
Per gli stessi motivi, il Tribunale di Padova, sempre su richiesta della Procura della Repubblica, ha disposto il sequestro preventivo dell’immobile adibito a laboratorio e dei due alloggi siti nelle adiacenze della predetta azienda, per un valore complessivo di 400.000 euro. Ai residenti è stata concessa la possibilità di mantenere il domicilio presso gli immobili in sequestro, in attesa di una sistemazione alloggiativa alternativa.
“Si evidenzia che il procedimento è in fase di indagini preliminari e che gli indagati – specifica la nota dei Carabinieri – devono ritenersi non colpevoli fino ad eventuale sentenza definitiva di condanna.